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DOLCIFICANTI

Intensivi

I dolcificanti intensivi, chiamati anche ad alta potenza (HPS) sono molto più efficaci nel dolcificare rispetto al saccarosio. Gli HPS sono comunemente, e in modo impreciso, chiamati dolcificanti ad alta intensità. L’inesattezza sta nel fatto che è generalmente impossibile con questi dolcificanti raggiungere intensità veramente elevate di dolcezza. diciamo sopra al 15% di saccarosio equivalente (SE). Tuttavia, mostrano un potere dolcificante fino a migliaia di volte superiore rispetto al saccarosio. Alcuni dolcificanti ad alta intensità  non  vengono  metabolizzati,  perciò non apportano calorie, ma anche  per  quelli  che  sono  completamente metabolizzati vengono utilizzati in quantità così piccole che il loro contributo energetico è del tutto trascurabile, per questo motivo sono definiti anche dolcificanti ipocalorici.

Questo gruppo è composto da molecole molto dolci con una varietà di strutture chimiche e gruppi funzionali, e generalmente trovano applicazione in prodotti progettati per ridurre le calorie. Sono utilizzati, come dolcificanti al posto dello zucchero, in molti prodotti “light” come bevande alcoliche e analcoliche, dolci, chewing-gum, confetture senza zucchero, prodotti destinati a soggetti affetti da patologia diabetica. Poiché i dolcificanti intensi, non promuovono la carie, vengono applicazioni in articoli come dentifrici e soluzioni collutoriali.  

I dolcificanti Intensivi possono essere suddivisi in: 

Perchè vengono miscelati tra loro i Dolcificanti Intensivi?

⊃ Sapore. Nessun dolcificante intensivo ha esattamente il sapore del saccarosio e un carattere di dolcezza preferito a volte può essere ottenuto dalla miscelazione. Il profilo aromatico desiderato può essere ottenuto utilizzando una miscela di dolcificanti. Aspartame/acesulfame K e acesulfame K/sucralosio sono combinazioni popolari. I glicosidi steviolici sono spesso miscelati con zucchero o zuccheri derivati dalla frutta.

⊃ Stabilità. L’aspartame* è spesso miscelato con acesulfame K o saccarina per prolungare la durata di conservazione del prodotto. Se l’aspartame contribuisce solo in parte alla dolcezza totale, la sua perdita di dolcezza in condizioni acide, sarà ridotta proporzionalmente.

⊃ Sinergia. La dolcezza di una miscela di edulcoranti intensi è generalmente superiore a quanto ci si aspetterebbe dalla dolcezza dei due dolcificanti separati. In alcune circostanze questo può arrivare fino al 20%. Aspartame/acesulfame K e aspartame/saccarina mostrano una marcata sinergia, mentre una miscela di acesulfame K/saccarina non mostra sinergia. Il carattere sinergico e aromatico di una miscela di dolcificanti è solitamente ottimale se miscelato in un rapporto di 1:1 per dolcezza..

⊃ Costo. Il costo di una formulazione può essere di primaria importanza in determinati mercati e per determinati prodotti. Includere un dolcificante intenso meno costoso, ad esempio la saccarina, riduce il costo complessivo del dolcificante e può essere un fattore importante. L’uso di dolcificanti intensivi è molto conveniente rispetto all’uso di zuccheri sfusi. Addolcire una bevanda con dolcificanti intensi può arrivare a costare meno di un quarto del costo dello zucchero.

 

*L’ Aspartame è un dolcificante intenso ampiamente utilizzato grazie alle sue eccellenti caratteristiche gustative. È un peptide composto da due aminoacidi, fenilalanina e acido aspartico, ma nei sistemi acidi come per esempio le bevande, l’aspartame si idrolizza lentamente nei suoi componenti provocando una perdita di dolcezza. Per questo motivo, viene usato in abbinamento con un altro dolcificante. La massima sinergia tra aspartame e acesulfame K avviene ad un tasso di utilizzo di 50:50, ma utilizzando una miscela contenente il 60% di aspartame e il 40% di acesulfame K, man mano che l’aspartame si degrada la sinergia tra i due dolcificanti aumenta, tendendo a minimizzare l’apparente riduzione della dolcezza. 

CARATTERISTICHE

I dolcificanti intensivi sia artificiali che di origine naturale devono soddisfare criteri come:

⊃ buon gusto

⊃ sicurezza

⊃ solubilità

⊃ stabilità

⊃ costo accettabile in uso.

Sapore

È sorprendente che quasi nessun composto dolce abbia lo stesso sapore. Ci sono sottili variazioni nella qualità, tra cui la pienezza e la rotondità della dolcezza, così come differenze significative nelle dinamiche, come l’inizio, il tempo di picco della dolcezza e la persistenza. Inoltre,  ci sono retrogusti non così sottili, spesso descritti come amari, metallici e di liquirizia, con cui fare i conti. Il grado in cui questi  sapori sono accettabili, o riescono ad essere mascherati nelle formulazione del prodotto finito determina in larga misura, se una molecola ha le caratteristiche per essere un dolcificante commercializzabile. Allo stesso tempo, mentre si  potrebbe scendere a qualche compromesso  sul lato del gusto, nessun compromesso può essere accettato sulla loro sicurezza. In altre parole, i dolcificanti intensivi, come ogni altro additivo alimentare, devono dimostrare di essere sicuri per il consumo umano, e indipendentemente che sia una molecola artificiale o di origine naturale, la trafila per la sua autorizzazione è sempre molto rigorosa. I requisiti sono impegnativi, la fornitura dei dati richiesti è costosa e il processo non viene intrapreso alla leggera. Di conseguenza, qualsiasi potenziale nuovo dolcificante deve mostrare notevoli promesse prima che sia probabile che vengano effettuati gli investimenti necessari per la sua autorizzazione.  Parte di questa promessa è la sua idoneità all’uso come ingrediente industriale. Questo copre le proprietà di solubilità, stabilità e costo.

Solubilità

Un’adeguata solubilità in acqua è un prerequisito per un dolcificante utile. I produttori devono essere in grado di sciogliere abbastanza materiale per fornire il livello desiderato di dolcezza e farlo sia completamente che il più rapidamente possibile.

Stabilità

Anche la stabilità è una questione importante, sia per il dolcificante tal quale che nel prodotto finito. Il dolcificante deve poter essere trasportato e immagazzinato ad un intervallo di temperature ambiente che può estendersi da 0 ad almeno 40°C, e per una durata variabile da due a cinque anni senza subire cambiamenti deleteri.

Oltre a questo, il dolcificante disciolto nel prodotto finito, deve resistere alle alte temperatura senza mostrare perdite significative nelle procedure di pastorizzazione e sterilizzazione. Una volta incorporato in un prodotto di consumo, deve avere una durata di conservazione di almeno 6-9 mesi per le bevande analcoliche, mentre potrebbe essere necessaria una stabilità molto più lunga, anche di diversi anni in alcuni prodotti, per esempio per quelli in scatola.

Costo in uso

Infine, ma non per ultimo, il dolcificante deve poter essere prodotto a un prezzo ragionevole. Questo può essere ottenuto anche dell’elevato potere dolcificante, così da ottenere un costo interessante per unità di dolcezza. In questo contesto va notato che tutti gli HPS artificiali/sintetici sono molto meno costosi per unità di dolcezza rispetto ai dolcificanti come il saccarosio o i vari idrolizzati di amido come lo sciroppo di glucosio e gli sciroppi di mais ad alto contenuto di fruttosio. Diverso è per  i dolcificanti HPS naturali, che  lottano con una concorrenza spietata sui prezzi da parte dei tipi artificiali. Tuttavia, l’esperienza dimostra che sono molti i produttori disposti a pagare di più, per il fatto che con l’uso dei dolcificanti HPS è consentivo evidenziare l’assenza di additivi artificiali. 

POTERE DOLCIFICANTE

Nessuna descrizione di un dolcificante ad alta intensità è completa senza una stima del suo potere dolcificante. Questo parametro misurato dalla  dolcezza relativa, che è definita come il rapporto tra le concentrazioni di sostanze che suscitano intensità di dolcezza equivalente al saccarosio, che essendo preso come riferimento, ha tradizionalmente il valore di 1. In letteratura esistono moltissime tabelle sul potere dolcificante, ma quello che raramentente viene fatto presente è che il potere dolcificante degli HPS  è in proporzione del dosaggio usato solo fino alla sua soglia di percezione. In altre parole, la forza dolcificante è più alta alla soglia del riconoscimento, cioè alla quantità dove il sapore dolce viene identificato, mentre diminuisce a dosaggi superiori di questa soglia. Come si può vedere dal grafico sotto, la curva della dolcezza rispetto alla concentrazione di un dolcificante raggiunge un plateau a un certo valore di dolcezza, che varia da dolcificante a dolcificante. 

Per quanto sopra, è ovvio che avrebbe poco senso superare il dosaggio corrispondente al plateau di ogni dolcificante, in quanto ogni aggiunta oltre quel valore porterebbe solo ad aumentare il costo formula e il retrogusto caratteristico di ogni dolcificante, a dispetto di un incremento dolcificante pari a zero.  Sfortunatamente, non esiste una concentrazione valida per tutti i dolcificanti alla quale determinare il potere dolcificante equivalente di saccarosio, di conseguenza, senza il valore di plateau di ogni dolcificante, i valori di potere dolcificante per i dolcificanti intensivi citati nelle varie tabelle, sono spesso solo vaghe indicazioni, e non molto di più.

ASPETTI NORMATIVI

Le leggi che controllano gli additivi alimentari sono affrontate in modo diverso in quasi tutti i paesi. Per quanto riguarda i dolcificanti, ci sono grandi differenze tra i due mercati chiave – Europa e Nord America – così come con il resto del mondo. Ad esempio, in Europa fino a poco tempo fa solo la proteina taumatina era regolata come HPS naturale consentita. Tuttavia, alla fine del 2011 i glicosidi steviolici sono stati aggiunti a questa classe, a seguito di un parere positivo sulla loro sicurezza da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e di un accordo sulle concentrazioni massime per ciascun uso consentito. In Europa è consentita anche la neoesperidina diidrocalcone (NHDC), ma un malinteso comune è  che questo dolcificante sia definito naturale. In realtà è artificiale, anche se il punto di partenza per la sintesi è la neoesperidina o la naringina, entrambe ottenute dagli agrumi.

La maggior parte degli edulcoranti naturali ammessi sono isolati dalle loro piante di origine o sono fabbricati per via enzimatica, mentre le proteine sono ovviamente sintetizzate in natura sotto controllo genetico. A questo proposito sono molti i progressi fatti per isolare i geni responsabili e trasferirli ad altri organismi più convenienti della pianta originale. Ad esempio, la taumatina è stata ottenuta con successo dall’orzo transgenico, il che potrebbe eliminare la necessità di coltivare e raccogliere frutta tropicale e offrire la possibilità di avere rese più elevate e costi inferiori, e vantaggi correlati allo spostare la produzione più vicino ai principali mercati. Tuttavia, questi approcci si scontrano con la resistenza dei consumatori verso alimenti che incorporano prodotti dell’ingegneria genetica.

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