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FATTORI PER SCEGLIERE

un'Emulsionante

A causa di una vasta gamma di sostanze chimiche che esistono all’interno di così tanti diversi tipi di tensioattivi alimentari, la scelta dell’emulsionante appropriato per un particolare prodotto alimentare può essere complicato. Non esiste un singolo tensioattivo adatto a ogni applicazione alimentare, ma ognuno ha caratteristiche uniche e una sua sua gamma ottimale di applicazioni. 

In questo articolo vedremo alcuni parametri utili per classificare e confrontare l’efficacia di diversi tipi di emulsionanti alimentari. Un emulsionante efficace dovrebbe essere: 

⊃ in grado di assorbire rapidamente la superficie delle goccioline appena formate durante l’omogeneizzazione;

⊃ in grado di ridurre la tensione interfacciale in modo significativo;

⊃ in grado di formare un rivestimento interfacciale  con un’interazione repulsiva abbastanza forte tra le goccioline. 

Un certo numero di molecole presentano queste caratteristiche generali e possono essere utilizzati come emulsionanti, ma variano considerevolmente nella loro capacità di formare e stabilizzare le emulsioni, nonché nella loro sensibilità alle condizioni ambientali, ad esempio al pH, alla forza ionica, alla temperatura, alla composizione del solvente, al taglio e alla disidratazione. Sarebbe quindi utile disporre di mezzi standardizzati per valutare l’efficienza relativa dei diversi tipi di emulsionanti per applicazioni specifiche. Sfortunatamente, non ci sono state molte attività per confrontare sistematicamente i vantaggi e gli svantaggi dei diversi emulsionanti in condizioni standardizzate, così che attualmente è ancora difficile  selezionare razionalmente il tensioattivo più adatto per ogni specifica applicazione. 

I produttori di alimenti di solito misurano e confrontano le proprietà funzionali degli emulsionanti in termini di parametri che dipendono dalle procedure di lavorazione e dalle formulazioni dei loro prodotti, per esempio: 

⊃ la dimensione minima delle gocce (dmin) che può essere prodotta da una certa quantità di emulsionante per un sistema di emulsione specificato utilizzando condizioni di omogeneizzazione specificate.

⊃ la quantità minima di emulsionante (cmin) necessaria per produrre una dimensione desiderata delle gocce per un sistema di emulsione specificato utilizzando condizioni di omogeneizzazione specificate;

⊃ la stabilità a lungo termine (per esempio, all’affioramento, alla flocculazione o alla coalescenza) di un sistema di emulsione specifico prodotto da un emulsionante utilizzando condizioni di conservazione specificate.

L’efficacia di un emulsionante per una particolare applicazione è determinata da una serie di caratteristiche, tra le quali:

⊃ la quantità minima richiesta per produrre un’emulsione stabile,

⊃ la sua capacità di produrre piccole goccioline durante l’omogeneizzazione e,

⊃ la sua capacità di impedire alle goccioline di aggregarsi nel tempo.

E queste caratteristiche dipendono fortemente:

⊃ dal prodotto che si vuole realizzare,

⊃ dalle sue condizioni ambientali come il pH, la forza ionica, il tipo di ioni, il tipo di olio,

⊃ dalle interazioni tra gli ingredienti,

⊃ dalla temperatura,

⊃ dal tipo di agitazione meccanica che si andrà ad applicare, e non per ultimo,

⊃ dal ruolo che deve avere l’emulsionante nel prodotto specifico. 

Sono molteplici i fattori da prendere in considerazione, ma soprattutto tanti sono gli aspetti che sarebbe necessario conoscere del mondo delle emulsioni e degli emulsionanti. Per esempio, la loro carica ionica; esistono alcuni tipi di emulsionanti che possono formare anioni quando si trovano in mezzi acquosi (come gli stearoil lattilati) e quelli che possiedono funzionalità dell’acido carbossilico (come gli esteri dell’acido diacetiltartarico dei monogliceridi). O ancora, un certo numero di emulsionanti possiede anche proprietà polimorfiche che conferiscono loro flessibilità in quanto possono esistere in diverse forme cristalline come alfa, beta, ecc. Questi emulsionanti possono cristallizzare inizialmente in una forma e poi trasformarsi in un’altra. Esempi di emulsionanti con questo tipo di tendenza sono esteri dell’ acido acetico e lattico, esteri di poliglicerolo, esteri di glicole propilenico ed esteri di sorbitano.

In ogni modo, anche con tutta la teoria del mondo,  prevedere con precisione il comportamento di un emulsionante con la sola conoscenza teorica di questi prodotti, (anche se questo ci permette di fare buone previsioni generali), rimane sempre molto difficile, se non quasi impossibile. Per verificare l’efficienza di un emulsionante in uno specifico prodotto, è necessario testarlo nelle  condizioni simili a quelle che si troverebbe nel prodotto alimentare reale in cui verrà utilizzato.

Ma prima di passare alla prove empiriche, ci sono diversi parametri utili da conoscere in quanto rendono più semplice la selezione dell’emulsionante più indicato. I tensioattivi sono stati catalogati in vari sistemi, i più importanti sono:

⊃ quello basato sulla solubilità dei tensioattivi in olio e/o acqua (regola di Bancrofts),

⊃ quello sul loro rapporto tra gruppi idrofili e lipofili (numero HLB),

⊃ quello sulla loro affinità relativa per le fasi olio e acqua (numero HLD) e

⊃ quello sulla loro geometria molecolare (parametro di imballaggio).

Regola di Bancroft

Una delle prime regole empiriche sviluppate per descrivere il tipo di emulsionante che potrebbe stabilizzare una dato emulsione è stata proposta da Bancroft. La regola di Bancroft afferma che la fase in cui il tensioattivo è più solubile formerà la fase continua di un’emulsione. Quindi, un tensioattivo solubile in acqua dovrebbe stabilizzare le emulsioni olio-in-acqua, mentre un tensioattivo solubile in olio dovrebbe stabilizzare le emulsioni acqua-in-olio. Va sottolineato che la solubilità utilizzata dovrebbe essere la concentrazione totale di tensioattivo (monomeri + micelle) in una fase, non solo i monomeri. Questa regola funziona bene per una vasta gamma di tensioattivi, anche se ci sono numerose eccezioni. Per esempio, alcune molecole anfifiliche sono altamente solubili sia in una fase che nell’altra, ma non formano emulsioni stabili perché non sono particolarmente attive in superficie o non proteggono le goccioline dall’aggregazione. La regola di Bancroft afferma che un tensioattivo più solubile in acqua formerà un’emulsione O/W, mentre uno che è più solubile in olio formerà un’emulsione W/O.

EQUILIBRIO IDROFILO-LIPOFILO DEGLI EMULSIONANTI (HLB)

La fase, olio o acqua, preferita da un emulsionante dipende, almeno in parte, dalle dimensioni relative dei suoi gruppi idrofili e lipofili. Gli emulsionanti con gruppi di testa polari più grandi (componente idrofila) e catene alchiliche più piccole (componente lipofila) tendono ad essere più solubili in acqua e formano emulsione acqua-in-olio. Al contrario, gli emulsionanti con componenti idrofili più piccoli e componenti lipofili più grandi tendono ad essere più solubili nei grassi e stabilizzano le emulsioni olio-in-acqua.

Il rapporto tra il gruppo di testa idrofilo e le componenti lipofile di un emulsionante porta alla caratterizzazione del numero HLB ( Hydrophilic Lipophilic  Balance). L’equilibrio idrofilo-lipofilo (HLB), ovvero il rapporto esistente nella molecola di emulsionante tra la parte idrofila e la parte lipofila

In questo sistema gli emulsionanti sono classificati con una scala che va da 1 a 20; ad un ipotetico emulsionante  totalmente idrofilo viene attributito un HLB di 20 mentre ad uno totalmente lipofilo un HLB di 0.  I tensioattivi con numeri di HLB elevati, tra 10 e 18, hanno una buona solubilità in acqua e vengono normalmente utilizzati per stabilizzare le emulsioni O→W, come le bevande, i dressing e i dessert. I tensioattivi con numeri di HLB relativamente bassi, da 3 a 6, sono solubili in olio e sono spesso usati per stabilizzare le emulsioni W→O, come le margarine e le creme spalmabili. Mentre i tensioattivi con  numeri  intermedi  di  HLB  tra 6 a 9  hanno una scarsa solubilità sia in fase oleosa che in quella acquosa e se usati singolarmente, non sono neanche  emulsionanti particolarmente efficienti. Tuttavia, le loro proprietà di emulsione possono essere migliorate utilizzandoli in combinazione con altri tensioattivi, oppure possono essere sfruttati per altre loro caratteristiche per esempio, quelle umettanti.

Le molecole con numero di HLB inferiore a 3 (molto idrofobo) e superiore a 18 (molto idrofilo) spesso non sono particolarmente attive in superficie poiché tendono ad accumularsi preferenzialmente in olio o acqua pura, piuttosto che in un’interfaccia olio-acqua. Le goccioline di emulsione sono particolarmente inclini alla coalescenza quando sono stabilizzate da tensioattivi che hanno numeri HLB estremi o intermedi, infatti a numeri di HLB molto alti o molto bassi, un tensioattivo può avere un’attività superficiale così bassa che non si accumula adeguatamente sulla superficie della goccia e quindi non fornisce protezione contro la coalescenza. A numeri intermedi di HLB (7-9), le emulsioni sono instabili alla coalescenza perché anche in questo caso, la tensione interfacciale è così bassa che è necessaria pochissima energia libera per interrompere le interfacce olio-acqua. Osservazioni empiriche suggeriscono che la massima stabilità dell’emulsione si ottiene per emulsioni olio-in-acqua che utilizzano tensioattivi con un numero di HLB intorno a 10-12 e per emulsioni acqua-in-olio intorno a 3-5.  

In determinate circostanze, è possibile regolare il numero di HLB “effettivo” utilizzando una combinazione di due o più tensioattivi con numeri HLB diversi. Uno dei principali svantaggi del concetto di HLB è che non tiene conto del fatto che le proprietà funzionali di una molecola tensioattiva sono alterate in modo significativo da cambiamenti di temperatura o condizioni di soluzione. Pertanto, un tensioattivo può essere in grado di stabilizzare emulsioni olio-in-acqua a una temperatura, ma emulsioni acqua-in-olio ad un’altra temperatura, anche se ha esattamente la stessa struttura chimica. Il concetto di HLB potrebbe essere esteso per includere gli effetti della temperatura determinando i numeri di gruppo in funzione della temperatura, anche se questo sarebbe un compito piuttosto noioso e dispendioso in termini di tempo. Un’altra limitazione è che il numero ottimale di HLB richiesto per un tensioattivo per creare un’emulsione stabile dipende dal tipo di olio. Quindi, il numero ottimale di HLB “richiesto” deve essere stabilito empiricamente per diversi tipi di olio.

N.B. Anche se è uno strumento molto utile, il sistema HLB ha alcune limitazioni; per esempio ulteriori ingredienti nella fase acquosa non vengono considerati, ma potrebbero compromettere la stabilità di un emulsione. Il metodo, inoltre, non fornisce informazioni su quanto emulsionante è necessario usare. Per questi motivi, sebbene i valori HLB siano un utile un punto di partenza per determinare quale emulsionante può funzionare meglio in un’applicazione, deve essere considerato solo come linea guida, poiché come abbiamo visto, ci sono anche altri fattori che possono influenzare le prestazioni di uno specifico emulsionante.

HLB degli Emulsionanti più comuni

Geometria molecolare e temperatura di inversione di fase (PIT)

La geometria molecolare di una molecola di tensioattivo può essere descritta da un parametro di impacchettamento, p :

=

      ∨     

      lao

dove e l sono il volume e la lunghezza della coda idrofobica, ao è l’area della sezione trasversale del gruppo della testa idrofila.

Quando le molecole di tensioattivi si associano tra loro, tendono a formare monostrati che hanno una curvatura che consente l’impacchettamento più efficiente delle molecole. A questa curvatura ottimale, il monostrato ha la sua energia libera più bassa e qualsiasi deviazione da questa curvatura richiede il dispendio di energia libera. La curvatura ottimale (H0) di un monostrato dipende dal parametro di impacchettamento del tensioattivo: per p=1 sono preferiti monostrati con curvatura zero (H0=0); per p < 1, la curvatura ottimale è convessa (H0 < 0); e, per p > 1 la curvatura ottimale è concava (H0 > 0).

Semplici considerazioni geometriche indicano che le micelle sferiche si formano quando p è minore di 1/3, le micelle non sferiche quando p è compreso tra 1/3 e 1/2  e i bistrati quando p è compreso tra 1/2  e 1.  Al di sopra di una certa concentrazione, i doppi strati si uniscono per formare vescicole perché vengono eliminati gli effetti finali energeticamente sfavorevoli. A valori di p superiori a 1 si formano micelle inverse, in cui i gruppi di testa idrofili si trovano all’interno (lontano dall’olio) e i gruppi di coda idrofobi si trovano all’esterno (a contatto con l’olio). Il parametro di impacchettamento fornisce quindi un’utile indicazione del tipo di colloide di associazione che una molecola di tensioattivo forma in soluzione.

Il parametro di imballaggio è utile anche perché tiene conto della dipendenza dalla temperatura delle proprietà fisico-chimiche delle soluzioni tensioattive e delle emulsioni. La temperatura alla quale una soluzione di tensioattivo si converte da un sistema micella ad un sistema micelle inverse o che un’emulsione olio-in-acqua cambia in un’emulsione acqua-in-olio è nota come temperatura di inversione di fase o PIT.

Vediamo cosa succede quando un’emulsione stabilizzata da un tensioattivo viene riscaldata. A temperature ben al di sotto del PIT (≈20°C), il parametro di impacchettamento è significativamente inferiore all’unità, e quindi si favorisce un sistema costituito da un’emulsione olio-in-acqua in equilibrio con una soluzione di micella gonfia. Man mano che la temperatura aumenta, i gruppi di testa idrofili delle molecole tensioattive diventano progressivamente disidratati, il che fa sì che p aumenti verso l’unità. Pertanto, le goccioline di emulsione diventano più inclini alla coalescenza e le micelle gonfie crescono di dimensioni. Alla temperatura di inversione di fase, p = 1, l’emulsione si rompe perché le goccioline hanno una tensione interfacciale ultra bassa e quindi si fondono facilmente l’una con l’altra. Il sistema risultante è costituito da olio in eccesso e acqua in eccesso (contenente alcuni tensioattivi), separati da una terza fase che contiene molecole di tensioattivi organizzate in strutture a doppio strato. A temperature sufficientemente superiori al PIT (≈20°C), il parametro di impacchettamento è molto più grande dell’unità, ed è favorita la formazione di un sistema costituito da un’emulsione acqua-in-olio in equilibrio con micelle inverse gonfie. Un ulteriore aumento della temperatura porta ad una diminuzione delle dimensioni delle micelle inverse e della quantità di acqua solubilizzata al loro interno. Il metodo di categorizzazione delle molecole di tensioattivi in base alla loro geometria molecolare è ampiamente utilizzato per determinare il tipo di emulsioni meglio stabilizzate.

DEVIAZIONE IDROFILO-LIPOFILA (HLD)

La deviazione HLD è un altro approccio per razionalizzare le prestazioni dei tensioattivi che tiene conto però anche dell’ambiente in cui vengono effettivamente utilizzati. Il comportamento di un sistema tensioattivo-olio-acqua (SOW) è descritto da una mappa di formulazione-composizione. L’asse di composizione rappresenta i cambiamenti nel rapporto acqua-olio (WOR), mentre l’asse di formulazione rappresenta i cambiamenti nell’affinità relativa del tensioattivo per le fasi olio e acqua, che è espressa come deviazione idrofila-lipofila (HLD).

La conoscenza del numero HLD, del rapporto acqua-olio (WOR) e della mappa di composizione della formulazione per un particolare sistema SOW può essere utilizzata per razionalizzarne il comportamento, e può essere convenientemente suddivisa in un numero di regimi diversi, che sono designati da una lettera e un segno. Il segno determina l’influenza della formulazione (numero HLD) sul tipo di emulsioni che rimarranno stabili in un determinato insieme di condizioni. Nelle regioni in cui il numero HLD è negativo (A−, B− e C−), il tensioattivo favorisce la formazione di emulsioni O/W e microemulsioni, mentre nelle regioni in cui il numero HLD è positivo (A+, B+ e C+), il tensioattivo favorisce la formazione di emulsioni W/O e microemulsioni. La lettera determina l’influenza della composizione del sistema (WOR) sul tipo di emulsione formata: A si riferisce a un sistema in cui le fasi olio e acqua hanno quantità abbastanza simili (WOR ≈ 1) e quindi la formazione di entrambe le emulsioni O/W e W/O è favorevole; B si riferisce ad un sistema in cui la fase oleosa è in eccesso e quindi è favorita la formazione di emulsioni W/O; e C si riferisce a un sistema in cui la fase acquosa è in eccesso e quindi è favorita la formazione di emulsioni O/W. Se sia la variabile di formulazione (numero HLD e segno) che la variabile di composizione (WOR e lettera) favoriscono la formazione di un particolare tipo di emulsione (ad esempio, O/W), allora questa emulsione è detta “normale” e tenderà ad essere stabile. Al contrario, se la variabile di formulazione favorisce un tipo di emulsione (ad esempio, W/O) mentre la variabile di composizione favorisce l’altro tipo (ad esempio, O/W), allora questo sistema è detto “anormale” e tenderà ad essere instabile. Nella mappa formulazione-composizione mostrata sopra ci sono due regimi in cui le emulsioni O/W dovrebbero essere stabili (A− e C−), due regimi in cui le emulsioni W/O dovrebbero essere stabili (A+ e B+) e due regimi in cui nessuna emulsione è stabile (B− e C+). Le emulsioni formate nei regimi anormali sono di solito altamente instabili alla coalescenza delle goccioline e alla separazione di fase, ma possono formarsi più emulsioni vicino a determinati limiti di fase. Ad esempio, le emulsioni O/W/O possono formarsi vicino al confine da B− ad A−, mentre le emulsioni W/O/W possono formarsi vicino al confine C+ a A+ . Le mappe di formulazione-composizione di cui sopra possono anche essere utili per caratterizzare le transizioni di fase da un tipo di emulsione a un altro, ad esempio, O/W a W/O o viceversa.

ALTRI FATTORI

Gli schemi di classificazione sopra menzionati forniscono informazioni sul tipo di emulsione che un tensioattivo tende a stabilizzare (cioè O/W o W/O), ma non forniscono molte informazioni sulla dimensione delle goccioline che si formano durante l’omogeneizzazione, sulla quantità di tensioattivo necessaria per formare un’emulsione stabile o sulla stabilità delle goccioline di emulsione una volta formate. Nella scelta di un tensioattivo per una particolare applicazione, devono essere considerati anche i seguenti fattori. 

La velocità con cui un tensioattivo assorbe sulla superficie delle goccioline di emulsione prodotte durante l’omogeneizzazione, determina la dimensione minima delle goccioline che possono essere prodotte: più rapida è la velocità di adsorbimento, minore è la dimensione.

La quantità di tensioattivo necessaria per stabilizzare un’emulsione dipende dalla superficie totale delle goccioline, dalla superficie coperta per unità di massa del tensioattivo e dall’affinità di legame per l’interfaccia.

L’entità e la gamma delle interazioni repulsive generate da uno strato di tensioattivo interfacciale, nonché la sua viscoelasticità, determinano la stabilità delle goccioline di emulsione all’aggregazione.

METODI EMPIRICI

Ci siamo fatti un’idea delle caratteristiche e delle possibilità che ci danno i vari emulsionanti, e ci siamo confrontati con un fornitore di emulsionanti, (opzione consigliata), e con lui abbiamo selezionato un  paio di emulsionanti che potrebbero fare al caso nostro, adesso non ci resta che testarne le loro capacità nelle specifiche condizioni del nostro prodotto. Ci sono due metodi empirici abbastanza semplici, da cui si potrebbe prendere spunto: la capacità emulsionante (EC) e l’indice di stabilità dell’emulsione (ESI).

CAPACITA' EMULSIONANTE

La capacità emulsionante di un tensioattivo solubile in acqua è definita come la quantità massima di olio che può essere dispersa in una soluzione acquosa contenente una quantità specifica di un emulsionante senza che l’emulsione si rompa o avvenga un’inversione di fase.  Di solito sperimentalmente, questa capacità viene determinata mettendo una soluzione emulsionante acquosa in un recipiente e agitando continuamente con un miscelatore ad alta velocità vengono aggiunti piccoli volumi di olio nel recipiente.* 

La fine del test (titolazione) si verifica quando l’emulsione si rompe o si invertono le sue fasi. Questa situazione può essere determinata mediante misurazioni di conducibilità ottica, reologica o elettrica. Maggiore è il volume di olio che può essere incorporato nell’emulsione prima che si rompa, maggiore è la capacità emulsionante del tensioattivo. 

* La capacità emulsionante di un emulsionante solubile in olio può essere determinata allo stesso modo, tranne per il fatto che l’acqua viene titolata nella fase oleosa.

Sebbene questo test sia ampiamente utilizzato per caratterizzare gli emulsionanti, presenta una serie di inconvenienti che ne limitano l’applicazione come procedura standard. Il problema principale con questa tecnica è che la quantità di emulsionante necessaria per stabilizzare un’emulsione dipende dall’area interfacciale olio-acqua, piuttosto che dalla concentrazione di olio, e quindi la capacità emulsionante dipende dalla dimensione delle goccioline prodotte durante l’agitazione. Di conseguenza, i risultati sono particolarmente variabili a seconda del tipo di turboemulsore o omogeneizzatore ad immersione  utilizzato nel test. Inoltre, è stato anche riscontrato che i risultati dipendono anche dalla velocità con cui l’olio viene titolato nel recipiente, dal metodo utilizzato per determinare il punto finale, dalla concentrazione iniziale dell’emulsionante e dalla temperatura di misurazione. La capacità emulsionante dovrebbe pertanto essere considerata come un indice qualitativo, che dipende dalle condizioni specifiche utilizzate per effettuare la prova. Tuttavia, rimane un metodo utile per confrontare l’efficienza di diversi emulsionanti in condizioni sperimentali standardizzate. Un modo più affidabile per stimare la quantità minima di emulsionante richiesta per formare un’emulsione è misurare il carico superficiale (ΓS), che corrisponde alla massa di emulsionante richiesta per coprire un’area unitaria di superficie di goccioline. Un’emulsione stabile viene preparata omogeneizzando quantità note di olio, acqua ed emulsionante. La massa dell’emulsionante adsorbita sulla superficie delle goccioline per unità di volume di emulsione (Ca/kg m−3) è uguale alla concentrazione iniziale dell’emulsionante meno quella rimanente nella fase acquosa dopo l’omogeneizzazione (che viene determinata centrifugando e/o filtrando l’emulsione per rimuovere le goccioline e quindi analizzando la concentrazione dell’emulsionante nel siero). La superficie totale delle goccioline coperta dall’emulsionante adsorbito è data da S=6φVe/d32, dove Ve è il volume dell’emulsione e d32 è il diametro medio delle goccioline volume-superficie. Pertanto, il carico superficiale può essere calcolato come segue:

Normalmente, il valore di ΓS per gli emulsionanti alimentari è di circa pochi mg m−2. La conoscenza del carico superficiale consente di calcolare la quantità minima di emulsionante necessaria per preparare un’emulsione contenente goccioline di una determinata dimensione e concentrazione. In pratica, l’emulsionante in eccesso è solitamente necessario perché non assorbe tutto alla superficie delle goccioline durante l’omogeneizzazione, a causa del tempo finito impiegato da un emulsionante per raggiungere l’interfaccia olio-acqua, e perché c’è un equilibrio tra l’emulsionante sulla superficie della goccia e quello nella fase continua. Inoltre, il carico superficiale dipende spesso dalle condizioni ambientali, come il pH, la forza ionica, la temperatura e la concentrazione proteica.

INDICE DI STABILITÀ DELL'EMULSIONE

Un’altra misura dell’efficacia di un emulsionante per una particolare applicazione è la sua capacità di produrre emulsioni che rimangono stabili all’aggregazione delle goccioline. Questa misura si ottiene solitamente misurando la variazione della dimensione delle particelle di un’emulsione dopo la conservazione per un determinato periodo di tempo in condizioni controllate (per esempio, temperatura di conservazione, livelli di luce e condizioni di agitazione) o dopo l’esposizione a specifici stress ambientali (per esempio, riscaldamento, congelamento, agitazione, aggiunta di sale o variazione del pH). Minore è l’aumento della dimensione delle particelle, migliore è l’emulsionante nella stabilizzazione del sistema. Sono stati fatti tentativi per definire un singolo parametro che possa essere utilizzato per confrontare l’efficacia di diversi emulsionanti nello stabilizzare le goccioline di emulsione contro l’aggregazione. Un parametro che è stato ampiamente utilizzato nell’industria alimentare è chiamato indice di stabilità dell’emulsione. Originariamente, l’indice di stabilità dell’emulsione (ESI) è stato determinato dalla misurazione della torbidità di un’emulsione diluita effettuate utilizzando uno spettrofotometro UV-visibile:

 

dove τ(0) è la torbidità iniziale dell’emulsione τ(t) è la torbidità misurata al tempo t.

In questa definizione, l’ESI sarebbe equivalente al reciproco della pendenza di un grafico di torbidità dell’emulsione rispetto al tempo normalizzato rispetto alla torbidità iniziale dell’emulsione (supponendo che la torbidità cambi linearmente nel tempo). Questo approccio relativamente semplice dovrebbe essere considerato con cautela; non esiste una semplice relazione matematica tra torbidità dell’emulsione e dimensione delle particelle, in particolare nella regione in cui il raggio delle particelle è approssimativamente uguale alla lunghezza d’onda della luce utilizzata. Infatti, la torbidità dell’emulsione può aumentare o diminuire con l’aumentare della dimensione delle particelle, a seconda della dimensione iniziale delle particelle. Un’espressione più adatta per l’ESI, basata su misure granulometriche, è data come segue:

Il vantaggio principale di questo metodo è che il diametro medio delle gocce può essere determinato utilizzando strumenti analitici specificamente progettati per l’analisi granulometrica (come la diffusione della luce o il conteggio degli impulsi elettrici) piuttosto che su misure di torbidità. In questa definizione, l’ESI sarebbe equivalente al reciproco della pendenza di un grafico di diametro medio delle goccioline rispetto al tempo normalizzato rispetto al diametro medio iniziale delle goccioline (supponendo che il diametro della goccia cambi linearmente nel tempo). L’ESI passa da un valore infinitamente alto per un sistema completamente stabile a un valore finito per un sistema altamente instabile. Numericamente, l’ESI è uguale al tempo necessario affinché il diametro medio delle particelle raddoppi di dimensioni. La relazione tra ESI e la durata prevista di un’emulsione è mostrata nella Tabella 14.1.  Ci sono una serie di potenziali problemi pratici associati a qualsiasi metodo utilizzato per definire un indice di stabilità dell’emulsione per confrontare l’efficacia di diversi emulsionanti.

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