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GLI AROMI

Tenendo conto di tutte le possibili varietà dei gusti, dell’aspetto, del tipo di impiego e delle esigenze specifiche di ogni prodotto, la gamma degli aromi è praticamente illimitata. Dall’altra parte anche le caratteristiche dei prodotti alimentari e delle bevande sono molto diverse tra loro e questo rende molto difficile delineare delle linee guida generali per la tipologia di aroma più indicato per ogni singola applicazione. Per  questo  motivo  un approccio tecnico e un fornitore che sia in grado di  selezionarti l’aroma più indicato per le precise necessità del tuo prodotto, non è solo consigliabile, ma è fondamentale finchè tu possa ottenere i migliori risultati.  

AROMI ALIMENTARI

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FATTORI PER LA SCELTA DI UN AROMA

Sono vari i parametri che dovrebbero essere considerati prima di scegliere un aroma:

⊃ Sfumatura della nota aromatica voluta

⊃ Formulazione e ingredienti del prodotto finito

⊃ pH del prodotto

⊃ Processo produttivo

⊃ Shelf life

⊃ Paese di destinazione

⊃ Ingredienti specifici

⊃ Prezzo

Considera che gli aromi sono normalmente costituiti da una parte AROMATICA, e una parte NON AROMATICA,  entrambe importanti per avere buone performance nel tuo specifico prodotto. Mi spiego meglio, se per la parte aromatica esistono molecole più o meno volatili, più o meno polari, la stessa cosa vale anche per i solventi e i supporti che veicolano le molecole aromatiche.  E questo significa che, entrambe le parti devono essere non solo compatibili tra loro, ma soprattutto idonee al tuo prodotto e al suo processo produttivo. Per questo motivo esistono una varietà di solventi per gli aromi che sappiamo essere disponibili in varie forme:

⊃ aromi liquidi idrosolubili,

⊃ aromi liquidi idrosolubili “limpidi”,

emulsioni idrodispersibili,

⊃ aromi liquidi solubili in olio,

⊃ aromi dispersi in polvere,

⊃ aromi in polvere spray-dried,

⊃ aromi in polvere incapsulati.

Cosa sono gli Aromi?

Gli aromi alimentari, sono miscele di sostanze che consentono di “ripristinare” i sapori persi durante le operazioni di conservazione o di la lavorazione delle materie prime alimentari; Si tratta, di un gruppo molto vasto ed eterogeneo di sostanze chimiche  con caratteristiche anche molto diverse tra loro, che possono essere ottenute per sintesi, oppure dall’estrazione di prodotti naturali, in particolare da piante aromatiche

 

Come sono fatti?

Gli aromi sono normalmente costituiti da una parte AROMATICA, che può contenere :

⊃ sostanze aromatizzanti,

⊃ sostanze aromatizzanti naturali,

⊃ preparazioni aromatiche, (olii essenziali, tinture, distillati, succhi ecc.)

⊃ aromatizzanti di affumicatura,

⊃ precursori degli aromi

e una parte NON AROMATICA, cioè di solventi e additivi alimentari consentiti dal regolamento (CE) n. 1333/2008, e/o altri ingredienti alimentari incorporati per scopi tecnologici o di standardizzazione.

Sostanze aromatizzanti

Cosa sono e da dove derivano?

Le Sostanze aromatizzanti in senso generico, sono delle MOLECOLE, che per loro conformazione determinano il gusto e il profumo di ogni materia prima edibile o non, che esiste in natura. Quando assaggiamo una fragola matura, possiamo percepire il suo sapore caratteristico, grazie alle sostanze aromatizzanti naturalmente presenti in essa e questo vale per tutta la frutta, la verdura e per tutti i cibi che consumiamo. Questo non significa,  che per fare un’aroma fragola si usano sempre e solo le sostanze aromatizzanti estratte dalla fragola, ma neanche che il semplice termine sostanza aromatizzante è sinonimo di sostanza chimica artificiale.

Cerchiamo di capirci di più: 

Partiamo dall'inizio.........

L’industria degli aromi è nata all’inizio del XIX secolo,  si è sviluppata grazie all’industria farmaceutica e alle sue attività, di distillazione degli oli essenziali e di estrazione di materie prime botaniche, soprattutto nei primi paesi ad essersi industrializzati come la Gran Bretagna e la Germania.

A quei tempi,  i chimici partendo da materie prime naturali, come le spezie e le erbe aromatiche, erano già stati in grado di isolare molte sostanze organiche; le avevano purificate, ne conoscevano le proprietà e sapevano già manipolarle e trasformarle; ad esempio erano in grado di estrarre l’alcol dalla frutta, alcuni zuccheri dalle piante, oltre che, numerose sostanze medicamentose, numerosi coloranti e molecole aromatiche come la benzaldeide, l’aldeide cinnammica e la vanillina.

Queste tre molecole derivando da materie prime naturali,  sono definite sostanze aromatizzanti naturali. All’epoca, non poteva essere che così,  ancora a nessuno era venuto in mente di poterle riprodurle in laboratorio. Molte, erano le difficoltà che i chimici, incontrarono nel sintetizzare in laboratorio i composti organici, e questo, li portò a pensare che era un’esclusiva della natura, che ci fosse una forza vitale, un potere mistico e soprannaturale, che ne permetteva la sintesi. All’epoca, ci si limitava semplicemente ad utilizzare ciò che il mondo vivente e minerale offriva. 

Questa teoria, nota con il nome di vitalismo, crollò definitivamente a seguito di un esperimento eseguito  da un chimico tedesco, Friedrich Wohler,  che riuscì ad ottenere l’urea in laboratorio.  L’urea era una molecola organica già nota, perchè già isolata dall’urina prodotta nel metabolismo degli animali. Questo seppur semplice esperimento,  diventò un episodio chiave nella storia della chimica. Per  la prima volta, si riuscì a dimostrare che le sostanze organiche seguivano le normali leggi della scienza e della chimica, e questo significava che anche loro, potevano essere sintetizzate in laboratorio.

Mai periodo fu più propizio, si era alle porte della Seconda Rivoluzione Industriale (1865-1900). Il periodo fu segnato da numerose e importanti scoperte tecnologiche, di nuove tecniche di conservazione  e di trasformazione degli alimenti. In pochi decenni queste scoperte in campo scientifico, unite alle invenzioni nel campo industriale e nei trasporti, con la ferrovia, permisero una trasformazione rapida e profonda della civiltà umana. Venne coinvolto non solo l’intero quadro sociale, ma soprattutto, secolari abitudini di vita. La società dell’epoca visse un cambiamento drastico della sua condizione socioeconomica, che portò a varie conseguenze, una di queste legata proprio alle loro abitudini alimentari. La produzione di alimenti tradizionali, che un tempo erano realizzati in casa, cominciò ad essere gestita all’interno di fabbriche e su larga scala. Gli alimenti dovevano essere prodotti in quantità molto maggiore, e dovevano avere una conservabilità molto più lunga. Era iniziata l’era moderna degli alimenti trasformati, e con lei, la necessità di additivi, di aromi e di colori alimentari.

I primi aromi

I primi aromi, denominati oggi “aromi di vecchio stile”, avevano la caratteristica di avere profili aromatici fantasiosi e basati più che altro sulla creatività e l’interpretazione dell’aromatiere.  Dopotutto, c’erano poche materie prime aromatiche disponibili;  un numero molto limitato di sostanze chimiche isolate da fonti naturali (SOSTANZE AROMATICHE NATURALI), e pochissime sostanze sintetizzate in laboratorio (SOSTANZE AROMATICHE), come l’aldeide cinnammica e la vanillina.

La svolta

Fu l’avvento della gascromatografia e della spettroscopia di massa, che segnò il vero punto di svolta dell’industria aromatiera e della produzione degli aromi per come li conosciamo oggi, cioè con profili aromatici molto più realistici.

Con questi nuovi strumenti, per la prima volta, fu possibile studiare nel dettaglio le sostanze chimiche utilizzate dalla natura per conferire il sapore al cibo. Tra i primi risultati ottenuti troviamo, le pirazine e gli alcoli alifatici insaturi. Un esempio è la 2,3,5-trimetilpirazina, oggi molto usata come componente nei moderni sapori di cacao e cioccolato. Molecola che riesce a conferire una nota tostata molto più fedele a quella naturale, rispetto ai composti fenolici usati negli aromi vecchio stile. O ancora, l’uso del cis 3 esenolo che conferisce un’insostituibile nota verde a una moltitudine di aromi frutta. 

L’aromatiere di oggi, ha sicuramente più strumenti analitici di supporto, ma questo non significa che il suo sia un lavoro semplice, anzi. Tutti gli strumenti e tutti i metodi scientifici del mondo, da soli, non porterebbero a buoni risultati senza la capacità, l’intuizione e la creatività  di ogni aromatiere. 

Come vengono creati gli Aromi?

Esistono molti approcci diversi per la creazione di aromi, nessuno è migliore degli altri, ma una cosa è certa, è un’attività molto complessa e quello che accomuna tutti gli aromatieri di successo, è la capacità di immaginare le interazioni tra le materie prime in miscele molto complesse e di possedere l’intuizione e l’originalità creativa per modellare o replicare gli aromi ad opera d’arte. Ma perchè è così complicato?

Gli aromi servono per ripristinare nel modo più fedele i sapori che vengono perduti durante le operazioni di conservazione o di la lavorazione delle materie prime alimentari, e queste materie prime hanno profili aromatici molto complessi, quindi, va da sè che non sarebbero replicabili a dovere con aromi fatti  solo da poche sostanze aromatiche. Mi spiego meglio facendo l’esempio del profilo aromatico di una fragola, per come la si trova in natura. Il sapore della fragola non è dato da una singola molecola che sa di fragola, non esistono le molecole della fragola o le molecole della pesca, il loro sapore è dovuto alla presenza di centinaia di sostanze aromatiche naturalmente presenti in questi frutti. Dall’inizio dell’era della gascromatografia, c’è stato un notevole passo avanti nell’identificazione dei costituenti aromatizzanti volatili presenti in natura, nella frutta, nei prodotti botanici e così via, e nei prodotti alimentari e bevande. Da un elenco di circa 500 nel 1955, il totale attuale è ben oltre 7000. Così, l’aromatiere ha molte molecole disponibili tra cui scegliere anche se, la maggior parte degli aromi sul mercato deriva da meno di 800 di queste  e, un aroma commerciale contiene in genere tra 15 e 60 componenti.

Un altro motivo è che gli strumenti in mano all’aromatiere, anche se sono dei più moderni, non producono risultati facilmente interpretabili, ne così scontati.  Non esistono strumenti che replicano gli aromi per magia, anzi è esattamente il contrario. Se per la ricostituzione di un aroma,  ci si basasse solo sulle attività analitiche, ci si ritroverebbe solo con  qualcosa di  somigliante all’aroma imitato. Nonostante questo, la parte analitica  rimane il punto di partenza e un notevole aiuto per il lavoro degli aromatieri, perché anche se la bravura di un aromatiere, come abbiamo detto, è la capacità di immaginare l’odore di miscele complesse, una miscela di diverse centinaia di ingredienti è comunque troppo complessa da immaginare, quindi sono necessari strumenti che riescano a semplificare il lavoro. Un buon sistema gascromatografico/spettrofotometrico di massa (GC/MS) può essere utilizzato per identificare profili di composti e singole sostanze aromatizzanti fino a, diciamo, il 98% dell’aroma target, portando a una corrispondenza di sapore tollerabile, ma poi sono richiesti  aggiustamenti  più o meno consistenti di “messa a punto”, per arrivare al risultato desiderato.

La prima fase della replica di un aroma, è relativamente semplice. Molte delle sostanze chimiche emerse dalle analisi, sono normalmente presenti ben al di sotto dei loro livelli di soglia, e nelle prime fasi formulative si potrebbero ignorare tutte. È necessaria comunque una certa esperienza, perché gli effetti sinergici tra molecole, anche se presenti in bassissima quantità, sono molto comuni negli aromi. Non aggiungere una sostanza, anche se presente in minima quantità, potrebbe significare modificare in modo evidente il sapore complessivo dell’aroma. 

Con dei dati in mano, è ora possibile formulare una prima versione dell’aroma mescolando le componenti aromatiche nelle proporzioni emerse dalle analisi.

Da qui in poi di norma, si  abbandona l’approccio strettamente scientifico, e si passa alla fase più astratta e creativa, l’analisi olfattiva e gustativa. In parole più semplici, si passa ad annusare e assaggiare, perchè è l’unico modo che permette all’aromatiere di “mettere a punto” l’aroma e  arrivare al risultato prefissato. 

i Caratteri Aromatici

Le caratteristiche aromatiche possono essere suddivise in due grandi categorie, i caratteri primari e quelli secondari.

I caratteri primari sono essenziali e costituiscono lo scheletro base dell’aroma. Alcuni esempi sono la nota  dell α-ionone nei lamponi e dell’eugenolo nelle banane. È impossibile creare un sapore realistico senza il contributo delle sostanze aromatiche considerate primarie.

I caratteri secondari invece, non sono essenziali per il riconoscimento dell’aroma, ma contribuiscono a dare una caratteristica descrittiva facoltativa. Per esempio, la nota verde (cis-3-esenolo) nelle fragole e la nota  “essiccata” (acido 2-metilbutirrico) nelle albicocche. In entrambi i casi, sarebbe possibile produrre aromi  autentici omettendo queste sostanze aromatiche;  il loro contributo è semplicemente quello di caratterizzare il tipo di nota aromatica, rispettivamente verso le fragole verdi o verso le albicocche secche.

Le Forme disponibili

AROMI LIQUIDI SOLUBILI IN ACQUA

Questi sono di gran lunga i tipi più comuni di aromi. Le sostanze aromatiche vengono sciolti in un solvente semplice, più comunemente glicole propilenico, triacetina o etanolo, con la possibile aggiunta di acqua.

Il glicole propilenico è solitamente il solvente più usato, è stabile, praticamente privo di sapore nei dosaggi utili e conferisce una certa stabilità nelle applicazioni che coinvolgono processi termici. Gli svantaggi del glicole propilenico sono che non è un solvente forte, e che i livelli di utilizzo sono limitati in molti paesi. Anche l’etanolo è un solvente ampiamente utilizzato in questa tipologia di aromi. È relativamente stabile, ha un carattere mite e un buon potere solubilizzante, oltre a poter essere diluito in modo significativo con acqua. Gli svantaggi sono la relativa instabilità nelle applicazioni che coinvolgono processi termici, le restrizioni religiose in alcuni paesi, e la sua infiammabilità . La triacetina non è un solvente tra i più adottati, non è molto solubile in acqua ha un leggero sapore amaro. La triacetina può essere il solvente da preferire quando la solubilità in acqua non è critica (come in molte applicazioni dolciarie), oppure per abbassare la% del glicole propilenico che è limitato, o quando il glicole propilenico ha un effetto indesiderato sulla consistenza del prodotto finito.

Ci sono altri solventi  utili in casi specifici. Il citrato di trietile è simile per molti aspetti alla triacetina. È scarsamente solubile in acqua, ma è inodore e conferisce stabilità al calore. La principale difficoltà con il citrato di trietile è il retrogusto amaro, che limita severamente il livello di utilizzo. La diacetina, simile alla triacetina, ma generalmente meno efficace. Il glicerolo, solvente molto debole, può essere utilizzato efficacemente in combinazione con l’etanolo in estratti naturali per conferire una certa stabilità al calore. L’acido lattico non è generalmente un solvente molto efficace ma può essere utile in miscele, con alcune materie prime problematiche, come il maltolo. L’alcol benzilico, spesso usato per il suo potere solubilizzante,  non è universalmente riconosciuto come solvente, ma può essere ammesso come sostanza aromatizzante. 

AROMI LIQUIDI SOLUBILI IN ACQUA, LIMPIDI

Questa categoria è molto simile alla precedente, tranne per il requisito che il prodotto finale, di solito una bevanda, deve essere completamente limpido. La maggior parte delle materie prime aromatizzanti, al loro normale livello di utilizzo,  sono completamente solubili in acqua  a parte poche eccezioni come i gusti agrumari. In questa categoria di aromi, la soluzione più usata è una miscela di etanolo e acqua, ma può essere utilizzato anche il glicole propilenico.

AROMI LIQUIDI SOLUBILI IN OLIO

Gli aromi solubili in olio sono necessari quando il prodotto finale è un olio, un grasso o possiede un’alta frazione anidra. Questa tipologia di aromi, viene utilizzata anche in prodotti che non possono tollerare neanche una minima quantità d’acqua. Sia l’etanolo che il glicole propilenico usati nelle tipologie precedenti, contengono piccole quantità di acqua, quindi non possono essere utilizzati negli aromi destinati a prodotti sensibili all’acqua, come lo è per esempio il cioccolato.

Negli aromi solubili in olio, vengono utilizzati  oli vegetali naturali o sintetici (trigliceridi a catena media) ma possono presentare problemi come la suscettibilità all’ossidazione (per gli oli naturali) e uno scarso potere solvente. In questa tipologia di aromi,  gli oli essenziali, si dimostrano solventi molto efficaci, soprattutto negli aromi agrumari, dove oltretutto donano una pienezza e uno sfondo molto realistico.

Quando invece, nell’aroma è necessario aggiungere sostanze aromatiche scarsamente solubili in olio, un aiuto lo si ottiene da solventi minori come il trietilcitrato. 

EMULSIONI

Le emulsioni, sono spesso utilizzate per dare torbidità alle bevande, ma possono anche essere usate per fornire un sapore in prodotti dove la torbidità non risulta essere un problema.

I componenti idrosolubili, come la vanillina, vengono sciolti nella soluzione di gomma (tipicamente la gomma arabica o un particolare amido modificato), mentre i restanti componenti possono essere miscelati insieme nella fase oleosa, per poi essere emulsionata.

I potenziali problemi delle emulsioni includono, l’aggregazione o la separazione della fase oleosa, e l’idrolisi degli ingredienti aromatizzanti sensibili.

AROMI DISPERSI IN POLVERE

Le dispersioni sono un modo veloce ed economico di fornire aromi in polvere. Se tutti gli ingredienti sono solidi, possono essere mescolati insieme e diluiti con un supporto come la maltodestrina. Se invece, alcuni degli ingredienti sono liquidi, vengono mescolati insieme e sparsi sul supporto prima che i solidi vengano miscelati in un cutter.

Questo metodo funziona sufficentemente solo se la fase liquida non è troppo alta e se tutti gli altri ingredienti in polvere sono presenti con una certa concentrazione, hanno granulometrie simili e  non sono suscettibili all’ossidazione.

Anche in queste condizioni, bisogna tenere presente che gli aromi dispersi presentano sempre una shelf life relativamente breve.

AROMI SPRAY-DRIED IN POLVERE

L’atomizzazione (spray-dried) è il metodo più usato per la produzione degli aromi in polvere. L’aroma liquido viene emulsionato in una soluzione acquosa di gomma arabica e quindi essiccato spruzzandolo in una camera calda. Questo metodo è preferibile alla dispersione perché il sapore risultante è molto più stabile all’evaporazione e all’ossidazione. Nel processo di atomizzazione, le goccioline spruzzate formano un guscio protettivo, e questo molto prima che la maggior parte dell’acqua sia evaporata. Il guscio è semipermeabile e consente all’acqua di evaporare, continuando il processo di essiccazione, ma allo stesso tempo essendo relativamente impermeabile alla maggior parte dei componenti aromatici non ne permette l’evaporazione.

Per la preparazione della fase liquida, i criteri sono più o meno gli stessi di quelli per le emulsioni, tranne per il fatto che non è necessario che l’emulsione sia stabile per lungo tempo, mentre le  particelle è preferibile che abbiano una dimensione ragionevolmente piccola e uniforme.

Alcuni solventi non dovrebbero essere presenti negli aromi liquidi da atomizzare, per esempio l’etanolo farà aumentare le perdite di aroma mentre il glicole propilenico renderà più igroscopico l’aroma in polvere; la triacetina è il solvente più performante nella maggior parte dei casi.

Normalmente per questione di costi, non si usa mai solo gomma arabica, e il 30% è la quantità massima necessaria anche per gli aromi più impegnativi; di norma è sufficiente solo il 10%, il supporto restante che di solito è maltodestrina risulta altrettanto funzionale per mantenere un’elevata equivalenza del destrosio che permetta al guscio di essere  meno permeabile all’ossigeno. Le condizioni di atomizzazione (temperatura d’ingresso e di uscita) vengono impostate a seconda dell’aroma, e devono essere attentamente valutate per evitare tutta una serie di problematiche, per esempio la temperatura d’ingresso deve essere abbastanza alta per evitare che le particelle si attacchino alle pareti dell’atomizzatore prima di essere ridotte in polvere. Anche la temperatura di uscita dovrebbe essere attentamente valutata, per evitare che le particelle essiccate contengano ancora un’umidità significativa quando lasciano l’essiccatore.

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