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E 400 Acido alginico
E 401 Alginato di sodio
E 402 Alginato di potassio
E 403 Alginato d’ammonio
E 404 Alginato di calcio
E 405 Alginato di propan-1,2-diolo
Gli alginati sono composti abbastanza abbondanti in natura; si trovano come componenti strutturali nelle alghe marine brune (Phaeophyceae) e come polisaccaridi capsulari nei batteri del suolo. Le fonti per la produzione industriale di alginato possono essere considerate illimitate, le macroalghe possono anche essere coltivate, inoltre diversi batteri producono alginato esocellulare, quindi anche la produzione per via fermentativa, sarebbe tecnicamente fattibile (anche se al momento non economicamente fattibile). Tutti gli alginati commerciali, attualmente derivano da fonti algali. La funzione biologica dell’alginato nelle alghe brune è conferire struttura. La matrice di gel di alginato intercellulare conferisce alle alghe sia una certa resistenza meccanica che una certa flessibilità, anche se ci sono varie differenze composizionali negli alginati derivati dalle diverse alghe ma anche tra i deversi tessuti presenti nella stessa pianta. L’alginato è ampiamente utilizzato nell’industria per la sua capacità di trattenere l’acqua e le sue proprietà gelificanti, viscosificanti e stabilizzanti. Le applicazioni farmaceutiche, alimentari e tecniche sono le principali aree di mercato degli alginati, ma esiste anche un crescente interesse per l’alginato nelle applicazioni biotecnologiche.
Gli alginati sono polisaccaridi lineari, polimeri costituiti da monomeri di:
⊃ ACIDO β-D-MANNURONICO (M)
⊃ ACIDO α-L-GULURONICO (G)
Queste due molecole sono legate tra loro tramite legami glicosidici 1→4 , e sono distribuite lungo la struttura dell’acido alginico in modo casuale per formare blocchi di differenti tipologie:
– quelli costituiti prevalentamente da M
– quelli costituiti prevalentamente da G
– quelli costituiti prevalentamente da M e G alternati
In altre parole, la spina dorsale dell’alginato è costituita da sequenze di blocchi di acido mannuronico (blocchi M) o acido guluronico (blocchi G),
o ancora, da regioni di sequenze alternate (per esempio, MG, MMG, GGM).
I blocchi M conferiscono flessibilità alla catena, mentre i blocchi G, al contrario conferiscono rigidità. La rigidità dei blocchi sulla spina dorsale segue l’ordine (dal più rigido al meno rigido): GG > MM > MG.
La sequenza di questi monomeri (M e G), il rapporto tra i due, la lunghezza e il peso molecolare della catena sono tutti fattori particolarmente importanti perchè sono strettamente legate alle proprietà fisiche degli alginati. Per esempio, la capacità di formare a temperatura ambiente, una struttura gel stabile al riscaldamento è legata alla geometria che questi blocchi riescono a formare. In considerazione anche del fatto che in una popolazione di molecole di alginato, né la composizione né la sequenza di ciascuna catena saranno uguali. Ciò si traduce in una distribuzione composizionale di una certa larghezza.
Le principali specie di alghe brune utilizzate per la produzione commerciale di alginato sono:
– Laminaria hyperborea,
– Macrocystis pyrifera,
– Laminaria digitata,
– Ascophyllum nodosum e in misura minore da
– Laminaria japonica.
Gli alginati isolati da L. hyperborea hanno tipicamente il più alto contenuto di acido guluronico, mentre quelli da A. nodosum sono a basso contenuto di acido guluronico e quindi mostrano deboli proprietà gelificanti.
Tuttavia, la composizione e la struttura sequenziale degli alginati può variare, a seconda delle condizioni stagionali e di crescita algale.
L’estrazione dell’alginato si basa sulla conversione di tutti i sali insolubili dell’acido alginico presenti all’interno della parete cellulare delle alghe brune, che viene successivamente recuperato come acido alginico o alginato di calcio. L’isolamento degli alginati può essere suddiviso in tre fasi principali: pre-estrazione, neutralizzazione e precipitazione.
L’alginato è in grado di aumentare la viscosità quando idratato in soluzioni acquose, e di creare GEL elastici quando vengono aggiunti ioni, per esempio di Calcio.
Gli alginati hanno una vasta gamma di distribuzione del peso molecolare e sono polisaccaridi caricati con forze elettrostatiche originate dai gruppi carbossilici all’interno della spina dorsale del biopolimero. Pertanto, la loro solubilità dipende fortemente :
⊃ dalla granulometria della polvere,
⊃ dal pH,
⊃ dalla forza ionica del solvente,
⊃ dalla presenza di ioni gelificanti nel solvente.
In quest’ultimo caso, la “durezza” dell’acqua (cioè il contenuto di ioni Ca2+) potrebbe già causare problemi. La solubilità dell’alginato risulta notevolmente ridotta quando si tenta di scioglierlo in un solvente acquoso già contenente ioni e sali. Gli alginati sono solubili in soluzioni acquose a pH superiore alla loro costante di dissociazione (pKa). I pKa degli acidi mannuronico e guluronico sono 3,38 e 3,65, mentre il pKa della struttura globale dell’alginato varia all’interno di questo intervallo. Una brusca diminuzione del pH sotto pH 3,5 provoca la protonazione dei gruppi carbossilici e l’alginato si trasforma in acido alginico che precipita perchè è insolubile in acqua. Questa reazione è reversibile in quanto aggiungendo una sostanza basica (per esempio soluzione di soda caustica), il valore del pH risalendo verso valori più neutri l’acido alginico si ritrasformerebbe in alginato perfettamente solubile in acqua. Diversamente un rilascio lento e controllato di protoni provoca la formazione di gel di acido alginico. L’intervallo di pH in cui si verifica la precipitazione degli alginati dipende dalla composizione chimica, dal peso molecolare e dalla sequenza dei blocchi M, G e MG della spina dorsale. Ad esempio, gli alginati che contengono più blocchi MG precipitano a valori di pH più bassi rispetto a quelli che contengono blocchi M e G omogenei. La variazione della forza ionica della soluzione di alginato ha un impatto considerevole sulla solubilità ma anche sulla viscosità dell’alginato a causa della diminuzione delle interazioni elettrostatiche tra le catene biopolimeriche. Gli ioni metallici monovalenti formano sali solubili con alginato mentre, i cationi bivalenti o multivalenti formano un gel.
La solubilità dell’alginato avviene a temperatura ambiente, ma i suoi tempi sono influenzati dalla granulometria delle sue polveri; più sono basse, più è veloce la loro solubilizzazione, ma al contempo diventa maggiore il rischio della loro agglomerazione e quindi della formazione di grumi. Indipendentemente dalla granulometria, con gli alginati è sempre consigliabile premiscelarli con il resto degli ingredienti solidi, prima di aggiungerli all’acqua. Nel caso invece gli alginati devono essere aggiunti direttamente al latte è necessario prendere ulteriori precauzioni.
< 38 µm
63 – 75 µm
180 – 250 µm
5 minuti
90%
55%
15%
10 minuti
95%
85%
40%
20 minuti
100%
95%
65%
30 minuti
100%
100%
80%
Percentuale di dissoluzione in acqua dell’alginato in base alla sua granulometria.
Se gli alginati devono essere applicati in soluzioni contenenti dei sali, è raccomandabile idratare completamente il polimero con acqua pura, aggiungendo il sale solo successivamente e sotto agitazione.
Alginati in prodotti a base latte_l’alginato entrando in contatto con gli ioni di Calcio naturalmente presenti nel latte si trasformerebbe in alginato di calcio insolubile. In questi casi è necessario usare degli agenti sequestranti come il pirofosfato tetrasodico (Na4P207) che è in grado di impedire al calcio di legarsi con l’alginato. In alternativa portando il latte sopra i 70°C, la maggiore mobilità delle molecole, e il più forte legame che si crea tra le micelle di caseina e il calcio, di fatto impedisce all’alginato di catturare il calcio ancor prima di essersi completamente idratato. Il processo di gelificazione si verificherà comunque durante il raffreddamento, quando l’alginato ormai si sarà completamente idratato .
La viscosità delle soluzioni di alginato dipende dalla lunghezza dei blocchi M e G sulla spina dorsale e da fattori esterni come il pH e la forza ionica della soluzione. La proprietà fisica più importante degli alginati è il legame selettivo dei cationi bivalenti e multivalenti che determina la loro capacità di formare gel. I cationi hanno affinità diverse per gli alginati, sebbene l’entità della reticolazione possa essere influenzata anche dalla composizione chimica (rapporto M/G). Ad esempio, alginati con alto contenuto di blocchi G formano zone di giunzione strettamente mantenute in presenza di cationi bivalenti e formano gel di resistenza considerevolmente superiore rispetto agli alginati ricchi di blocchi M o M-G, che mostrano una minore affinità verso cationi bivalenti. Al contrario, cationi trivalenti si legano a entrambi i blocchi M e G della spina dorsale dell’alginato. L’affinità degli alginati verso gli ioni bivalenti diminuisce nel seguente ordine: Pb > Cu > Ba > Sr > Ca > Zn > Mn, tuttavia, Ca2+, è il più utilizzato per indurre la gelificazione. La gelificazione degli alginati è descritta dal modello “egg-box”, secondo il quale le interazioni catena-catena alginato sono indotte dalla presenza di cationi bivalenti reticolanti. I blocchi di alginato mostrano diversi meccanismi di interazione con i cationi reticolanti. Ad esempio, i blocchi G integrano i cationi in strutture simili a sacche formate tra catene adiacenti di residui di guluronato, mentre i blocchi M legano i cationi esternamente vicino ai gruppi carbossilati. Nei blocchi MG, i cationi sono localizzati preferenzialmente in una struttura concava formata da coppie MG. Le interazioni più forti tra le zone di giunzione si verificano nei residui di acido guluronico, in quanto la conformazione della catena incurvata consente una forte formazione di gel.
Generalmente, qualsiasi cambiamento di forza ionica in una soluzione di alginato ha un profondo effetto sul comportamento del polimero, in particolare sull’estensione della catena polimerica e quindi anche sulla viscosità della soluzione.
La gelificazione degli alginati è descritta dal modello “egg-box”, secondo il quale le interazioni catena-catena alginato sono indotte dalla presenza di cationi bivalenti reticolanti. I blocchi di alginato mostrano diversi meccanismi di interazione con i cationi reticolanti. Ad esempio, i blocchi G integrano i cationi in strutture simili a sacche formate tra catene adiacenti di residui di guluronato, mentre i blocchi M legano i cationi esternamente vicino ai gruppi carbossilati. Nei blocchi MG, i cationi sono localizzati preferenzialmente in una struttura concava formata da coppie MG. Le interazioni più forti tra le zone di giunzione e si verificano solo nei residui di acido guluronico, in quanto la conformazione della catena incurvata consente una forte formazione di gel. In altre parole, la capacità gelificante e la forza del gel, è strettamente legata alla quantità di blocchi GG presenti nella molecola di alginato, mentre i blocchi MM e MG, non determinano la forza dei gel, ma donano elasticità al gel formato.
La forza del gel di alginato aumenta quando la lunghezza media dei blocchi di guluronato cambia da 5 a 15 portando a una formazione di gel meccanicamente forte, stabile e poroso. Gli alginati con bassi rapporti M/G producono gel forti e fragili con buona stabilità al calore ma con marcata sineresi dopo il trattamento gelo-disgelo, mentre gli alginati con alti rapporti M/G producono gel più elastici con una buona stabilità al gelo-disgelo.
A causa della reazione di legame molto rapida e irreversibile tra cationi polivalenti e alginati, una miscelazione diretta di questi due componenti raramente produce gel omogenei. Il risultato più probabile di tale miscelazione è una dispersione di grumi di gel (“occhi di pesce”).
Per la maggior parte degli scopi gelificanti, la capacità di controllare l’introduzione degli ioni reticolanti è essenziale. Questo controllo è possibile con due metodi fondamentalmente diversi di preparazione di un gel di alginato: il metodo di diffusione e il metodo di presa interna.
Il metodo di diffusione è caratterizzato dal lasciare che uno ione reticolante (ad esempio Ca2+ ) diffonda da un serbatoio esterno in una soluzione di alginato. Il rilascio controllato invece, è solitamente ottenuto da una variazione del pH e/o da una limitata solubilità della fonte di sali di calcio. La reticolazione ionica implica sempre un processo di scambio ionico in cui l’alginato solubile in acqua (ad esempio, forma di sodio o potassio) deve scambiare i suoi controioni con Ca2+ per ottenere una transizione sol/gel. La cinetica gelificante e le proprietà finali del gel possono dipendere dal tipo di contro-ione presente. E’ stato dimostrato che a condizioni identiche, i K-alginati subiscono una transizione sol/gel più veloce rispetto al Na-alginato.
Il metodo della diffusione è caratterizzata da una rapida cinetica gelificante e viene utilizzata per scopi di immobilizzazione in cui ogni goccia di soluzione di alginato produce una singola perla di gel intrappolando l’agente attivo.
La viscosità relativa di una soluzione di alginato può essere fortemente ridotta in un breve periodo di tempo in condizioni che favoriscono la degradazione. I legami glicosidici sono suscettibili alla degradazione e all’ossidazione sia acida che alcalina da parte dei radicali liberi. E poiché gli alginati derivano da fonti naturali, molti microrganismi digeriscono gli alginati. In funzione del pH, la degradazione è al minimo intorno alla neutralità mentre aumenta in entrambe le direzioni. La maggior parte delle alghe brune contiene quantità variabili di composti fenolici che vengono estratti insieme all’alginato e rappresentano una contaminazione nella maggior parte degli alginati commerciali, e la quantità varierà con le diverse specie di alghe. La degradazione dell’alginato in soluzioni può essere diminuita riducendo il contenuto di fenoli; L’effetto di degradazione dei composti fenolici appartiene alla classe delle reazioni di depolimerizzazione ossidativa-riduttiva, derivanti da un’auto-ossidazione di composti riducenti con conseguente formazione di perossidi. Questa auto-ossidazione aumenta con la quantità di ossigeno disciolto e con il pH nella soluzione. La degradazione è causata dai radicali liberi, probabilmente radicali idrossilici, formatisi nelle reazioni tra il composto riducente e i perossidi.
L’unica sinergia degna di nota dell’alginato è quella con le Pectine HM. Con l’uso combinato di pectina, per esempio i gel di alginato di calcio da termicamente stabili diventano termoreversibili, mentre le pectine HM che formano un gel solo ad alte % di zuccheri e solo in un ristretto range di pH, se usate con l’alginato producono dei gel anche a livelli di solidi più bassi e a un intervallo di pH più ampio.
Gli alginati di sodio svolgono una serie di ruoli nell’industria alimentare, poiché hanno la capacità di sviluppare una vasta gamma di consistenze, sono solubili in acqua fredda e sono adatti anche come agenti addensanti.
Gli alginati sono usati come addensanti, agenti gelificanti e stabilizzanti di miscele acquose, dispersioni ed emulsioni. Gli alginati sono polielettroliti e possono interagire elettrostaticamente con le proteine in sistemi misti con conseguente aumento della viscosità. Questi tipi di interazioni possono essere utilizzati per stabilizzare e migliorare le proprietà meccaniche delle reti gelificate in alcuni prodotti alimentari ristrutturati. Il processo di ristrutturazione alimentare si basa sul legare insieme componenti alimentari sezionati, tagliati o macinati (ad esempio tagli di carne ad alto contenuto di tessuto connettivo o frutta e verdura omogeneizzati) per renderli simili ai prodotti alimentari originali
La gelificazione degli alginati è indipendente dalla temperatura e quindi può essere utilizzata nella ristrutturazione di alimenti che possono danneggiarsi o ossidarsi ad alte temperature (ad esempio prodotti a base di carne, frutta e verdura).
Nei gelati, l’alginato contribuisce a stabilizzare la viscosità della miscela e di conseguenza promuove l’assorbimento dell’aria durante la mantecazione. L’alginato di sodio è la principale forma commerciale di alginato, tuttavia, ci sono altre forme di alginati solubili come l’acido alginico e i suoi sali di calcio, ammonio e potassio, o esteri di acido alginico, come l’alginato di glicole propilenico (PGA) più indicato per i sorbetti che hanno pH più acidi.
Per l’approfondimento nel gelato vedi
Glicuronoglicano lineare costituito essenzialmente da unità degli acidi D-mannuronico, legato in posizione β-(1→4) e L-guluronico, legato in posizione α-(1→4) sotto forma piranosica. Idrato di carbonio colloidale idrofilo proveniente da ceppi naturali di diverse specie di alghe marine brune, estratto con alcale diluito (Phaeophyceae)
EINECS 232-680-1
Formula chimica (C6H8O6)n
Peso molecolare 10 000 – 600 000 (valore medio tipico)
Solubilità: Insolubile in acqua e nei solventi organici, lentamente solubile in soluzioni di carbonato di sodio, idrossido di sodio e fosfato trisodico.
Sale sodico dell’acido alginico, formula chimica (C6H7NaO6)n
Peso molecolare 10 000 – 600 000 (valore medio tipico)
L’alginato di sodio è la principale forma commerciale di alginato.
Sale potassico dell’acido alginico
Formula chimica (C6H7KO6)n
Peso molecolare 10 000 – 600 000 (valore medio tipico).
Sale di ammonio dell’acido alginico
Formula chimica (C6H11NO6)n
Peso molecolare 10 000 – 600 000 (valore medio tipico)
Sale di calcio dell’acido alginico
Formula chimica (C6H7Ca1/2O6)n
Peso molecolare 10 000 – 600 000 (valore medio tipico)
Estere del propan-1,2-diolo con l’acido alginico. La sua composizione varia a seconda del grado di esterificazione e delle percentuali di gruppi carbossilici liberi e neutralizzati nella molecola.
Formula chimica (C9H14O7)n (esterificato)
Peso molecolare 10 000 – 600 000 (valore medio tipico)
L’alginato di propilen glicole (PGA) è un idrocolloide ottenuto dall’acido alginico con un processo che ne modifica la molecola iniziale, processo chiamato derivatizzazione*. Abbiamo già visto che, sotto il pH 3,5-4, l’acido alginico non è solubile in acqua, ma tende a precipitare; così per evitare questo inconveniente, e poterlo usare in ambienti acidi, con la derivatizzazione viene trasformato in PGA.
*con questo termine nel settore alimentare ci si riferisce a quelle piccole modifiche che si applicano ad una sostanza che le permettono di sfruttare tutte le sue proprietà.
Il PGA è ottenuto per esterificazione di parte dei gruppi carbossilici presenti sulla molecola dell’acido alginico. La trasformazione dei gruppi acidi in gruppi estere di propilenglicole rende il PGA, resistente agli acidi, e meno reattivo al calcio rispetto all’alginato di sodio.
L’alginato di glicole propilenico (PGA), nella sua struttura ha sia gruppi idrofili che lipofili, e questo gli permette di possedere anche importanti proprietà emulsionanti. Il PGA viene usato come stabilizzante, addensante ed emulsionante in prodotti alimentari a base latte; stabilizza le proteine del latte, soprattutto in condizioni acide, come negli yogurt liquidi con frutta, nei dressing. L’alginato esterificato è molto più efficace, in diverse applicazioni alimentari acide, rispetto all’alginato standard. Viene utilizzato con successo anche come stabilizzante della schiuma in alcuni tipi di birra, perchè presenta una buona interazione con le sue proteine.