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Il Capsicum annum è una specie di piante del genere Capsicum, membro delle Solanacee, una grande famiglia tropicale che comprende pomodoro, patata, tabacco e petunia. La specie Capsicum è molto ampia e variegata; la sensazione di calore è uno dei tratti più caratteristici del genere Capsicum, ne è un’esempio il peperoncino ma a questa specie appartengono anche i peperoni che non presentano questa caratteristica e che sono consumati più che altro come verdura e come fonte di nutrienti.
Il Capsicum annuum è una delle specie più antiche, e molto probabilmente ebbe origine nelle regioni aride delle Ande, in quelle che divennero Perù e Bolivia; solo successivamente si diffuse nelle regioni tropicali delle Americhe. Recenti ritrovamenti indicano che in Messico era già consumata nel 7000 a.C. In Messico e in centro e Sud America furono addomesticate almeno cinque specie di Capsicum: C. annuum, C. baccatum, C. chinense, C. frutescens e C. pubescens. Ognuna di loro, lo fu in modo indipendente: C. annuum in Messico, C. chinense in Amazzonia (o forse in Perù) e C. frutescens nell’America centrale meridionale. Il Capsicum annuum arrivò in Europa grazie a Cristoforo Colombo e agli spagnoli che alla fine del XV secolo rimasti affascinati dai frutti attraenti e di colore rosso portarono in Europa la pianta che acquisì il nome generico di “capsico”. Fu grazie alla capacità della pianta di crescere e di produrre raccolti in una vasta gamma di climi che permise al Capsicum di diventare una coltura presente nella maggior parte dei paesi del mondo, e di essere consumato in svariate applicazioni. La classificazione dei frutti di capsico, è abbastanza confusa, un primo sistema fu basato sulla forma dei frutti, mentre oggi vengono classificati per genere, specie, varietà, tipo di baccello e cultivar. Esistono due classi principali:
⊃ peperone dolce,
⊃ peperone caldo o piccante.
Il primo è il comune peperone consumato crudo in insalata o cucinato in svariate ricette, viene venduto tal quale o usato per fare la paprika in polvere. Il principale paese produttore di paprika è l’Ungheria. È lì che producono la migliore spezia, popolare in tutto il mondo. In totale, sono note circa 8 polveri di paprika ungherese, sempre prodotte con i peperoni dolci. Le caratteristiche più importanti dei frutti di Capsicum sono :
⊃ il loro contenuto di pigmenti,
⊃ il loro contenuto di capsaicinoidi,
⊃ il loro contenuto di acido ascorbico,
⊃il loro alto valore nutrizionale.
Le cultivar di Capsicum, possono impollinare in modo incrociato, motivo per il quale esistono tantissime varietà, migliaia di peperoni diversi in tutto il mondo, tutte però accomunate da una struttura interna simile. Il frutto è sempre formato da due o più loculi, ciascuno diviso da una placenta centrale che contiene nelle varietà piccanti, la maggior parte dei Capsaicinoidi che sono le sostanze responsabili della loro piccantezza.
È luogo comune pensare che siano i semi, la parte più piccante del peperoncino, mentre la loro piccantezza è dovuta solo al fatto che sono collegati e vicini alla placenta, è lei ad essere ricca di CAPSAICINA.
I frutti della specie Capsicum sintetizzano e accumulano grandi quantità di carotenoidi, e lo fanno nei cromoplasti situati nel pericarpo. Il tipo e le quantità di carotenoidi è variabile e dipende molto dalla cultivar, ma soprattutto dallo stadio di maturazione del vegetale. La principale differenza del colore dei peperoni maturi è nella tipologia di carotenoidi presenti:
⊃ Giallo predominano le xantofille,
⊃ Arancio, β- carotene, violaxantina e luteina,
⊃ Rosso contengono capsantina e capsorubina,
⊃ Verde, contiene clorofille (a/b) e luteina
Il peperone verde non è una varietà specifica, ma è solo un peperone raccolto prima della sua maturazione. La luteina che sembrerebbe completamente assente nei peperoni rossi è presente in quello verde insieme alle clorofille (a e b). Clorofille che scompaiono a favore dei carotenoidi che aumentano durante la maturazione, finchè sono ancora attaccati alla pianta.
La capsantina e la capsorubina si trovano quasi esclusivamente nei peperoni e quando sono maturi e rossi, la maggior parte delle altre piante non sono in grado di sintetizzarle. La loro biosintesi di richiede un tipo di reazione chimica nota come “riarrangiamento pinacolico”. Questa reazione, che di solito ha bisogno di un catalizzatore acido concentrato, nei peperoni avviene in condizioni quasi neutre e a temperatura ambiente, sembrerebbe con l’aiuto di enzimi finora non identificati. Un’altra particolarità dei due pigmenti è che l’anello che di norma ha sempre sei legami, in entrambe i pigmenti ne ha solo cinque.
Il termine Paprika nonostante venga utilizzato spesso in modo un po’ generico, normalmente è usato per la polvere rossa essiccata e prodotta con i peperoni dolci e non piccanti. In realtà la Paprika cambia a seconda del paese di produzione e può essere fatta da qualsiasi tipo di C. annuum. In ogni caso, per produrre la paprika intesa come spezia, viene usata una materia prima di alta qualità, uno tra i maggiori paesi consumatori è l’Ungheria che ne ha fatto la spezia nazionale, ingrediente caratteristico del Gulash. In Ungheria viene prodotta esclusivamente con peperoni dolci. Produttori e consumatori di paprika sono anche la Spagna, Olanda, la Turchia, il Marocco, gli Stati Uniti, il Sud Africa e Israele. La paprika, può essere anche piccante, e ciò dipende dalla varietà o dell’eventuale miscela dei frutti utilizzata, ma risulta piccante solo quando viene usato il peperoncino e viene macinata anche la sua placenta ricca di capsaicina.
L’oleoresina può essere ottenuta da tutte le specie di Capsicum, sia dolci che piccanti; quando si usano peperoni ricchi di capsaicinoidi il prodotto che si ottiene viene normalmente chiamato “oleoresina di Capsicum”, mentre quando si usano i peperoni dolci, il prodotto è chiamato “oleoresina Paprika“. In entrambi i casi, trattandosi di estrazioni totali e non selettive (colore + aroma), non rientrano nella classificazioni di additivo colorante, ma di preparazioni aromatiche. Nel 2008, JECFA ha adottato per il colorante alimentare la denominazione «estratto di paprika» anche l’EFSA raccomanda di tenere il termine oleoresina di paprika solo per i prodotti in cui la capsaicina è un componente importante, ma nonostante questo, ancora oggi i termini Oleoresina ed Estratto, vengono ancora erroneamente usati come sinonimo.
L’oleoresina di Capsicum è un liquido oleoso rosso scuro, caratterizzato da una piccantezza molto elevata. Negli alimenti trasformati viene usata come valido sostituto del peperoncino , per esempio in Cina è usata nella carne e nei noodles, mentre nei curry indiani, viene usata per standardizzarne sia il sapore che la piccantezza. Trova utilizzo anche in ambito farmaceutico e negli spray anti-rapina. Nell’oleoresina di Capsicum, il contenuto di pigmenti non è un fattore importante, mentre lo è il suo principale componente attivo: la capsaicina e i suoi due composti isomerici, diidrocapsaicina e nordiidrocapsaicina.
A parte alcune eccezioni negli Stati Uniti e in Cina, quasi tutte le oleoresine di Capsicum vengono prodotte in India, ma questo semplicemente perchè la materia prima indiana è generalmente più ricca di capsocinoidi. Per la misura della piccantezza si fa riferimento alla Scala di Scoville.
La Scala di Scoville è una scala dI piccantezza con la quale è possibile catalogare e classificare i peperoncini per stabilire quali siano i peperoncini più piccanti in base al loro valore SHU (Scoville Heat Unit), che viene calcolato attraverso un procedimento che si chiama cromatografia liquida ad alta prestazione. Periodicamente la Scala Scoville viene aggiornata, questo per assegnare una posizione ai nuovi peperoncini piccanti scoperti, e per assegnare il Guinness World Record di peperoncino più piccante. Il numero di unità di Scoville indica la quantità di capsaicina equivalente contenuta. Molte salse piccanti in uso sia in America del Nord che in America del Sud indicano la loro piccantezza in unità di Scoville. Questa scala prende il nome dal suo ideatore: Wilbur Lincoln Scoville (Bridgeport, 22 gennaio 1865 – Gainesville, 10 marzo 1942) chimico statunitense, noto per aver creato il S.O.T. (Scoville Organoleptic Test), che permise la creazione della Scala di Scoville. Wilbur Scoville ideò il test per misurare la piccantezza dei peperoncini nel 1912.
La materia prima per l’estratto di paprika è il peperone rosso dolce, che deve essere il più possibile maturo. Al peperone da estrazione viene fatta raggiungere un grado di maturazione fisiologica completa, che è superiore rispetto a quella ortofrutticola raggiunta nel caso del vegetale consumato tal quale. Con la maturazione fisiologica, il peperone viene lasciato asciugare parzialmente sulla pianta. Una pratica che permette sia di ridurre i volumi di trasporto e di stoccaggio, sia di risparmiare l’energia necessaria per asciugare il frutto in modo artificiale, prima della sua estrazione. Tuttavia, se i frutti rimangono sulla pianta troppo a lungo dopo la loro maturazione, c’è la possibilità di una perdita di resa dei pigmenti.I peperoni venduti come ortaggi, vengono tassativamente raccolti a mano, mentre i peperoni destinati all’estrazione, dove l’aspetto visivo è secondario, il raccolto è di tipo meccanico. Per avere un prodotto di qualità sia che venga consumato tal quale o che serva per l’industria estrattiva, la gestione della materia prima in tutte le fasi è di estrema importanza. Buone pratiche di gestione, come la fertilizzazione, l’irrigazione e la prevenzione delle malattie, devono essere attente e costanti in quanto ogni fattore di stress che subisce il vegetale sul campo, influenza la sua resa sia in termini di piccantezza che di contenuto in pigmenti. La ritenzione del colore della materia prima è influenzata da vari fattori:
⊃ dalla luce,
⊃ dalle condizioni di coltivazione,
⊃ dai tempi di raccolta,
⊃ dalla varietà del peperone,
⊃ dalle condizioni di essiccazione; e
⊃ altre ancora.
Nella gestione post raccolta del peperone da estrazione, sono tre le cose importanti. La prima è che alla materia prima venga tolta abbastanza umidità, in caso contrario potrebbero formarsi delle muffe, la seconda, è che questa umidità venga rimossa in modo graduale. Una rapida rimozione di acqua potrebbe compromettere i pigmenti. Il contenuto di umidità ottimale nella materia prima per la sua conservazione è stato stimato essere tra l’8 e l’11%, e lo si deve raggiungere in modo graduale con essiccazioni mediante il sole, in essiccatori ad aria calda o in camere di essiccazione. La terza, ma non meno importante, è la temperatura di conservazione del peperone essiccato che per essere ottimale è intorno ai 3°C.
I pigmenti del peperone, sono composti non volatili e per essere estratti richiedono un’estrazione con un solvente . L’estrazione con solvente è un processo di trasferimento di una sostanza da qualsiasi matrice a una miscella* attraverso l’uso di un liquido (solvente) nel quale la sostanza da estrarre è solubile.
*il termine miscella, nella tecnologia dell’estrazione degli olî vegetali con solventi, indica la soluzione in varie concentrazioni di olio nel solvente.
La materia prima essiccata, viene pulita dai semi che non contengono colore e poi viene macinata. In India prima del 1970 le oleoresine venivano prodotte con un’unica fase di estrazione con solvente ma questo si traduceva in una scarsa qualità dell’olio, causata dall’interferenza del solvente. Il metodo introdotto nel 1970 è invece un processo di due fasi:
⊃ separazione dell’olio mediante distillazione a vapore,
⊃ estrazione con solvente adeguato solo ad estrarre la parte non volatile
Per ottenere l’oleoresina finale (estratto primario), la frazione di resina, ottenuta dopo la successiva rimozione del solvente (tramite evaporazione), viene miscelata con un’adeguata quantità di olio raccolto nella prima fase con la distillazione a vapore. Generalmente, la resa dell’olio è così elevata che solo circa la metà viene utilizzata per la miscelazione con l’estratto di resina. L’estratto primario può subire un secondo processo di estrazione per rimuovere alcuni o tutti i capsaicinoidi contenuti. Con questa ulteriore purificazione si ottiene:
⊃ capsaicina purificata, utile per standardizzare il contenuto di capsaicina nelle oleoresine di Capsicum;
⊃ una resina contenente meno capsaicina rispetto all’estratto primario e che, a seconda dei risultati analitici e delle sue caratteristiche aromatiche, può essere venduto come estratto colorante o come oleoresina di paprika speziata.
L’ estratto primario, a basso contenuto di capsaicina, può essere sottoposto a un’ulteriore fase di lavorazione per ridurre l’aroma, da cui si ottiene finalmente l’estratto colorante E160c. Tipicamente, con 1 kg di baccelli di Capsicum essiccati si produce da 90 a 120 g di estratto di paprika. L’ estratto di Paprika è di natura lipidica e il suo contenuto di pigmenti varia in base alla composizione della materia prima di partenza, dalla tecnica e dal solvente di estrazione utilizzato. Con questa procedura a due fasi, gli olii rimossi nella prima fase con la distillazione a vapore non vengono rovinati dal solvente, e vengono raccolti in due differenti frazioni. La prima frazione più ricca dei monoterpeni viene normalmente utilizzata per standardizzare l’estratto di paprika colorante, mentre la seconda più ricca di sesquiterpeni e composti ossigenati, può essere venduta o utilizzata per scopi più fini.
Ci sono vari paesi che producono l’oleoresina di Paprika. Inizialmente era l’industria estrattiva spagnola quella a farla da padrona, fino ad estendere la produzione di materia prima ai paesi nordafricani come il Marocco. Anche la paprika prodotta in Zimbabwe e Sud Africa dominò per un po’ il mercato con una buona materia prima, ma negli ultimi anni i maggiori Paesi produttori sono indubbiamente l’India e la Cina. Soprattutto la Cina, favorita dalla sua vasta area coltivabile e dall’incoraggiamento del suo governo a sostenere l’industria estrattiva, potrebbe salire presto ai vertici della produzione mondiale. Gli Stati Uniti che sono produttori costanti di oleoresina, ma principalmente la producono per uso interno. L’India ha due varietà principali di Capsicum: Byadege e Tomato Chili, ma entrambi presentano significanti livelli di capsaicina, ed inizialmente ebbero difficoltà ad emergere per la produzione di estratti di paprika come colorante, che ricordiamo ha un limite massimo permesso di capsaicina di 250mg/kg. Fù con l’introduzione del processo di frazionamento per rimuovere la piccantezza, che Byadege diventò una delle materie prime più importanti per la produzione di oleoresina di paprika e permise all’India di emergere come uno dei principali fornitori mondiali di oleoresina. Un’introduzione relativamente recente in India è la varietà Wonder Hot, che ha una bassa resa di oleoresina ma contiene più pigmenti rossi. Wonder Hot, in particolare, e Tomato Chili hanno entrambi un buon rapporto di assorbimento. Tuttavia, le rese inferiori di oleoresina e colore rendono entrambi costosi come materia prima standard.
La forza dell’oleoresina paprika è espressa come “valore di colore” (cv) o UC. Tuttavia, questa determinazione soggettiva è stata ora sostituita da analisi spettrofotometriche. Il colore del frutto della paprika, invece è generalmente espresso come unità ASTA; 1 unità ASTA è pari a 40,2 cv. Un estratto con UC 100.000 equivale a circa il 10% di carotenoidi.
I carotenoidi presenti nell’estratto di paprika (E 160c) sono sensibili al calore, alla luce e reagiscono molto facilmente con i radicali liberi generati nei processi ossidativi, come l’ossidazione lipidica. Per evitare reazioni di autossidazione mediate dall’ossigeno e una conseguente perdita di colore negli estratti di paprika, il contatto con l’ossigeno viene ridotto al minimo attraverso diverse strategie che partono già dal materiale di partenza, per esempio dalle temperature e dai tempi di essiccazione del frutto utilizzato per l’estrazione. Studiando l’influenza della composizione lipidica sulla stabilità degli estratti di paprika, si è concluso che un alto livello di insaturazione della frazione lipidica può migliorare le reazioni degradative negli estratti promossi dall’ossigeno e si scoperto che la perdita di qualità del colore avviene principalmente come conseguenza della temperatura.
Quando gli estratti vengono usati nei processi industriali a caldo, l’aumento della temperatura porta a una maggiore perdita di pigmento e ad una diminuzione della capacità colorante. Negli estratti di paprika sottoposti a temperature inferiori di 60 °C, la degradazione coinvolge maggiormente i pigmenti gialli contenuti nella paprika, mentre sopra i 60° la perdita risulta marcata anche per la frazione più rossa.
Il colore della paprika è relativamente stabile alla luce se la consideriamo rispetto alla stabilità di altri colori naturali come la curcumina, ma resta il punto che anche la Paprika richiede una conservazione in un ambiente privo di luce e calore e la sua applicazione in prodotti (soprattutto a base d’acqua) è sempre da valutare attentamente.
La paprika dimostra una buona stabilità al pH.
Generalmente, per prolungare la durata di conservazione del colore della paprika specialmente se sciolta in olio vengono utilizzati degli antiossidanti La miscela di tocoferoli (α, β, γ e δ) risultano essere dei validi antiossidante per la paprika. L’acido ascorbico può essere utile, ma funziona in modo efficace solo in combinazione con un vero antiossidante.
In Francia nel 2003, il personale del Sistema di Allarme Rapido (RASFF) per gli alimenti ed i mangimi ha individuato il rosso Sudan I, un colorante tossico, in polvere di peperoncini rossi proveniente dall’India. In Italia nel 2002 e 2003, la New Food vendeva la polvere di peperoncino tossico alla Saclà che, senza accorgersene, lo metteva nei propri prodotti. Ad un controllo casuale una confezione di olive al peperoncino risultava tossica per l’alimentazione. La paprika in polvere contenente il Sudan I tossico arrivava dall’India.
Ad un controllo più approfondito sui coloranti di tipo Sudan negli alimenti, risultò che molti ragù al peperoncino erano contaminati, anzi “era contaminato ogni alimento contenente peperoncino“, che veniva controllato. Un danno spropositato.