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La cocciniglia è un pigmento conosciuto fin dai tempi antichi, in Egitto e nell’America precoloniale, era tradizionalmente usata dagli Aztechi in Messico e dagli Inca in Perù, ma era completamente sconosciuta in Europa. D’altra parte fu con la scoperta dell’America da parte della Spagna che si apri di fatto un nuovo mondo, pieno di ricchezze sconosciute all’Europa del tempo. Tra le principali merci che la Spagna importava dal Nuovo Mondo risultò esservi proprio un colorante rosso, la cocciniglia, un piccolo insetto che abbondava in un tipo di cactus che cresceva in Messico (in particolare nella zona di Oaxaca).
La COCCINIGLIA, (parola che viene usata per descrivere sia gli insetti essicati che il colore derivato da essi), viene estratta dalle femmine del genere Dactylopius della specie D.coccus. Sono insetti parassiti e infestano i cactus, principalmente del genere Opuntia (famiglia delle Cactaceae, dell’ordine delle Caryophyllales come le barbabietole). A differenza del passato dove la produzione era esclusiva dei messicani, oggi Perù, Bolivia, Argentina e Isole Canarie, sono i paesi con la più alta produzione, in testa c’è il Perù che rappresenta la quasi totalità dell’offerta mondiale di cocciniglia (80-90%).
insetti femmina
genere Opuntia
Della specie sono le femmine adulte che contengono la maggior percentuale del pigmento (acido carminico), ed è per questo che solo loro vengono utilizzate per la produzione in scala del colorante. Le femmine sono più grandi dei maschi e alla loro maturità sono lunghe circa 6 mm, larghe 4,5 e alte 4 mm e pesano ben 45 mg, essendo ricoperte da uno strato protettivo di cera bianca che le protegge dalla perdita di umidità e dalla pioggia. Nella femmina l’acido carminico svolge una funzione difensiva contro i predatori, e si trova sia nella sua emolinfa che nelle sue uova, così da essere presente in tutte le fasi del suo sviluppo, ma nonostante questo, per la produzione di pigmenti industriali il raccolto viene eseguito principalmente nelle fasi iniziali della deposizione delle uova. La raccolta in un momento diverso o inadeguato si tradurrebbe in un basso contenuto di acido carminico nei suoi derivati. La durata del ciclo biologico della cocciniglia dipende da molti fattori, ma in media il suo sviluppo è tra i 64 e 120 giorni così che ogni anno possono aversi da tre a sei generazioni. I fattori importanti, che risultano ancor più determinanti nel momento di maturazione degli insetti sono le condizioni climatiche e le condizioni del cactus ospite.
La coltivazione degli insetti cocciniglia ha bisogno di cure, è adatta la stagione estiva secca, mentre vento e pioggia grandine e temperature inferiori a 20°C sono condizioni molto deleterie. A seconda del paese di produzione e della regione, vengono applicati diversi metodi di coltivazione della cocciniglia. In Perù per esempio nel metodo tradizionale l’insetto veniva allevato in vaste aree spontanee di cactus, dove gli insetti presentavano un’elevata fluttuazione della loro qualità in termini di contenuto di acido carminico. A seguito della forte richiesta di materia prima degli ultimi decenni, anche in Perù è diventata comune la coltivazione intensa con conseguente aumento dell’efficienza.
L’infestazione di nuove piante è essenziale per la produzione di elevate quantità di carminio, e a questo scopo, In primavera e in autunno, le femmine gravide vengono raccolte prima dell’ovideposizione e poste in nidi di paglia fissati ai cactus. Una decina di femmine vengono messe in un piccolo sacchetto fatto di garza di cotone o carta, con piccoli fori e posizionati sui cladodi. Le ninfe appena nate sono molto attive, sfuggono dal nido e si diffondono sulla superficie colonizzando il cactus ospite fino a quando non arrivano a maturità e sono pronte per il raccolto. Durante la sua vita, un insetto su scala, depone circa 400 uova. Di solito ci sono due raccolti all’anno, quando il cactus è infestato in ottobre-novembre, la cocciniglia è pronta per la raccolta a febbraio- marzo mentre se vengono infettati a marzo, vengono raccolti in ottobre- novembre.
Per la produzione commerciale di acido carminico, vengono preferiti cactus con un’età di due o tre anni e abbastanza vitali da resistere all’infezione di molti insetti. Generalmente, l’ospite principale degli insetti in scala, è del genere Opuntia che comprende circa 200 specie di cactus; alcune vengono preferite per l’allevamento e la riproduzione, mentre altre risultano più utili per la produzione di acido carminico. L’Opuntia ficus-indica è la specie che consente la più alta produzione di acido carminico.
Per la produzione industriale, gli insetti femmine maturi che hanno 90-110 giorni, poco prima che inizino a deporre le uova, ossia quando contengono la più alta percentuale di acido carminico, vengono raccolti . In pratica vengono spazzolati manualmente dai cladodi e vengono uccisi immergendoli nell’acqua calda. Vengono poi essiccati sotto il sole, o tramite l’aria calda di particolari essicatori. I produttori moderni utilizzano un riscaldamento attentamente controllato per garantire una qualità uniforme. Gli insetti vengono essiccati a meno di un terzo del loro peso per garantire una conservazione sicura; quando essicati contengono tra il 18 e il 26% di acido carminico. A queste condizioni, per ottenere 1kg di insetti secchi, sono necessari circa 80.000-100.000 insetti.
TRASFORMAZIONE
La tradizionale lavorazione della cocciniglia industriale include diverse fasi di produzione e viene eseguita in lotti (batch). Per prima cosa gli insetti essicati vengono setacciati per escludere il materiale a basso contenuto di acido carminico, successivamente viene eseguito un trattamento con solventi organici, ad esempio l’esano che rimuove le cere protettive e i lipidi. Prima dell’estrazione, per migliorare la resa estrattiva, gli insetti sgrassati vengono di nuovo essicati e macinati in modo da ridurre il più possibile la dimensione delle particelle della loro polvere.
I dettagli sulla pratica di estrazione dai singoli produttori è spesso tenuta nascosta, ma in linea di massima, viene eseguita utilizzando una soluzione acquosa o etanolica di sodio o carbonato di potassio.
L’estratto che si ottiene contiene acido carminico dal 2 al 5% oltre a diverse molecole con funzione biologica, come proteine solubili, carboidrati, altri materiali residui degli insetti e vari sali residui del processo di estrazione ed è noto come “Estratto di cocciniglia”.
Con l’obiettivo di aumentare sempre di più le rese di estrazione e di ridurre il contenuto di proteine residue, nel tempo sono state studiate nuove tecniche estrattive alternative al processo di produzione convenzionale (solido/liquido), per esempio l’estrazione di liquidi pressurizzati (PLE) e l’estrazione di fluidi supercritici (SFE).
L’estratto di coccinglia è il primo prodotto risultante dall’estrazione della materia prima essicata. E’ una soluzione stabile, ma il colore varia col pH passando da una ricca tonalità rossa, ad arancione rossastro o arancione a pH acidi.
In Europa la denominazione estratto di cocciniglia non è più permessa. Con l’entrata in vigore del Reg.1333/2008 che disponeva una rivalutazione dei rischi da parte dell’EFSA di tutti gli additivi alimentari accettati precedentemente al 2009, e il carminio era uno di questi. Nel 2015 venne emesso un parere scientifico dove si concludeva dicendo che non sussisteva nessun motivo di abbassare la DGA dell’E120, ma si raccomandava di rivedere la denominazione dei prodotti a base di carminio. L’Europa con il Reg.1472/2018, modificò la denominazione da «Cocciniglia, acido carminico, vari tipi di carminio» a “Acido carminico, carminio”.
L’estratto di cocciniglia viene poi o purificato per ottenere l’acido carminico oppure viene fatto complessare con l’alluminio per ottenere la lacca di carminio.
Tipologie di Carminio
ATTENZIONE_Con questo termine si possono intendere due cose: o il principio colorante di tutti i carmini o il prodotto purificato derivante dalla cocciniglia. In questa sezione parleremo del secondo caso.
Reg.1333/2008 → colorante gruppo III
Natcol → Categoria N1
L’acido carminico è ottenuto da estratti acquosi, alcolici-acquosi o alcolici della cocciniglia, costituita dai corpi essiccati dell’insetto di sesso femminile Dactylopius coccus Costa.
Tenore: contenuto non inferiore al 90 % di acido carminico;
Non contiene ALLUMINIO.
La molecola, possiede un legame C-glicosidico a C7 e come altri composti che hanno un legame di questo tipo, mostra un’alta resistenza all’idrolisi acida. Inoltre, la molecola del glucosio non è suscettibile alla scissione da parte di molti enzimi del metabolismo dei carboidrati.
Acido Carminico
L’acido carminico può essere sotto forma di acido libero, di sale sodico o di potassio; se è in forma di acido è solubile solo se viene portato a pH >11; se invece, è in forma di sale è molto solubile in acqua (a qualunque pH), negli alcoli, negli esteri, negli acidi e nelle soluzioni alcaline, ma è insolubile in etere di petrolio, in benzene e in cloroformio.
L’acido carminico se in ambiene acido, ha una tonalità arancio ed è molto stabile al calore, alla luce, all’ossidazione e all’anidride solforosa; mentre gli ioni metallici ne cambiano drasticamente la tonalità formando composti nero bruni insolubili in acqua. Il pH acido è fondamentale per l’acido carminico, perché a pH superiori a 5,5 si è dimostrato molto poco stabile alla luce, all’ossidazione e all’anidride solforosa.
L’ACIDO CARMINICO viene usato in prodotti con pH acido sotto il 4 :
⊃ nelle bevande analcooliche e alcooliche come gli aperitivi
⊃ i preparati e i topping a base frutta,
⊃ i dessert a base frutta, ma anche per i gelati* e i semilavorati a base acqua.
per tonalità giallo/arancio
acido carminico + eventuale aggiunta di cartamo
per tonalità rosse
acido carminico + antociani (con o senza numero E).
*Per i gelati, va tenuto presente che in Europa con l’entrata in vigore del Reg. n. 380/2012 è ammesso solo l’acido carminico, mentre il carminio a causa del suo contenuto di alluminio, risulta vietato.
Reg.1333/2008 → colorante gruppo III
Natcol → Categoria N2
I carmini sono pigmenti di alluminio dell’acido carminico in cui si ritiene che l’alluminio e l’acido carminico siano presenti in un rapporto molare di 1:2. Il principio colorante è l’acido carminico. Possono essere presenti anche piccole quantità della sua forma amminica, l’acido 4-ammino carminico, (non più del 3 % rispetto all’acido carminico).
Tenore: non inferiore al 50 % di acido carminico nei chelati.
L’acido carminico, grazie alla posizione dei suoi gruppi carbonilici e idrossilici, è particolarmente adatto a formare leganti di coordinazione con gli ioni metallici come l’alluminio.
Il carminio si ottiene complessando l’acido carminico presente nell’estratto di cocciniglia con idrossido di alluminio e calcio (quest’ultimo per farlo precipitare). Si ottiene una lacca insolubile in acqua, in alcool e in etere, mentre è solubile in soluzioni alcaline. Per la versione idrosolubile che troviamo sul mercato, il carminio lacca viene trattato con alcali prima di essere atomizzato. Contiene ALLUMINIO
La tonalità del carminio è meno dipendente dal pH rispetto all’acido carminico, infatti è rossa da pH 4 a pH 7 mentre è tendente al bordeau a pH 10. A pH acidi, inferiori a 3,5 il carminio precipita. L’esatto pH di precipitazione dipende da una serie di fattori, tra i quali la viscosità e il contenuto d’acqua. Il carminio nel suo pH ottimale è stabile al calore, alla luce, all’ossidazione e in presenza di Solforosa (SO2) ai livelli abitualmente presenti nei prodotti alimentari.
Il Carminio contiene ALLUMINIO, e per questo, a livello normativo non è applicabile in tutte le categorie alimentari (vedi Reg.(UE) n. 380/2012 che riguarda le condizioni di utilizzo e i livelli di utilizzo degli additivi alimentari contenenti alluminio).
Come pigmento, il carminio ha alcune proprietà eccellenti tanto che trovare un’alternativa 1:1 è una sfida impegnativa . È un colorante versatile utilizzabile in numerose applicazioni, mentre le sue alternative implicano un lavoro specifico a seconda dell’applicazione. Antociani, barbabietola e licopene sono le tre potenziali alternative al carminio, anche se ognuna di queste presenta grossi limiti per quanto riguarda la stabilità al calore, al pH e alla luce.
Il Carminio (con alluminio) sia nella forma idrosolubile che lacca , per la sua stabilità al calore, e il suo colore rosso a pH neutri, risulta ideale ed è ammesso ad oggi :
⊃ nei prodotti da forno fini, (pan di spagna, biscotti ecc.)
⊃ nei confetti, nei chewingum,
⊃ nelle decorazioni a base di zucchero,
⊃ nelle glasse, nei ripieni, non acidi
⊃ nei liquori non acidi,
⊃ nei formaggi fusi aromatizzati,
⊃ in alcuni prodotti a base di carne come salsicce, patè e terrine.
Il carminio è ampiamente usato anche nei cosmetici. Tutti gli E120, sono coloranti del gruppo III con dosaggio massimo limitato; è quindi necessario verificare nel dettaglio l’ammissibilità nella categoria alimentare da colorare e calcolare il relativo dosaggio massimo.
L’acido ammino carminico, conosciuto anche come carminio acido stabile, fu sintetizzato negli ultimi decenni e venne lanciato sul mercato (principalmente negli Stati Uniti) a seguito dell’esigenza di avere un colorante rosso come il carminio, stabile a pH acidi. Questo colorante viene ottenuto riscaldando l’acido carminico con ammoniaca e acido citrico (esiste un brevetto statunitense). È solubile in acqua e la sua tonalità rosso brillante/viola, a differenza dell’acido carminico, rimane arancio a pH acidi. La sua stabilità in condizioni acide è ottima, superiore a quella degli antociani e non precipita come il carminio a pH sotto 3,5. In Europa, l’applicazione alimentare dell’acido 4 ammino carmine non è consentita dalla normativa vigente in quanto la sua tossicologia è ancora poco studiata. Nel carminio è ammessa una quantità di acido 4 ammino carminico, ma non deve essere superiore al 3% rispetto all’acido carminico (inteso come pigmento contenuto nel carminio).
L’acido carminico e il carminio sono considerati ottimi coloranti alimentari grazie alla loro elevata stabilità al calore, alla luce, all’ossidazione e all’anidride solforosa (nei livelli abitualmente presenti nei prodotti alimentari) . Non a caso il loro uso nell’industria alimentare e cosmetica si è molto diffuso in passato, i carmini sono una delle poche rare eccezioni di colori di derivazione naturale che mostrano una stabilità paragonabile ai coloranti artificiali.
Scegliere di usare il carminio o l’acido carminico dipende dal tipo di prodotto che si vuole colorare, in quanto in applicazione hanno tra loro caratteristiche diverse.