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I primi sciami d’api svolazzavano già in cielo 50 milioni d’anni fa, ben prima dell’uomo, che mosse i suoi primi passi sulla Terra “solamente” un milione di anni fa. Non c’è da stupirsi se il Miele, sia stato fino almeno al 18° secolo, il principale dolcificante conosciuto e usato. Negli ultimi due secoli, sono cambiate tante cose, prima l’estrazione del saccarosio dalla barbabietola e dalla canna da zucchero, che le fece diventare le principali materie prime dolcificanti, fino ad arrivare ai giorni nostri, che a causa delle sempre maggiori preoccupazioni sul consumo eccessivo di zucchero, assistiamo ad un uso sempre più smodato dei cosiddetti “sostituti dello zucchero”.

L’industria alimentare per anni si è affidata ai dolcificanti artificiali, come saccarina, aspartame, acesulfame, ma a causa della sempre più forte “intolleranza” da parte dei consumatori sulla presenza di additivi artificiali, l’attenzione si è ancora una volta spostata su un ulteriore classe di dolcificanti, i sostituti dello zucchero Naturali.

Sostituire gli zuccheri negli alimenti è una sfida molto difficile, perchè gli zuccheri negli alimenti non svolgono solo una funzione dolcificante, ma altrettante  fondamentali funzioni come conferire struttura, formare cristalli, conservare, tanto per dirne solo tre. Vedi Zuccheri.

Sebbene siano note molte sostanze che hanno un potere dolcificante, per vari motivi, solo poche di esse sono utilizzate a livello industriale. Una delle sfide maggiori della ricerca di nuovi dolcificanti, è trovare sostanze che possiedano: 

⊃ lo stesso profilo chemiosensoriale del saccarosio,

⊃ una certa stabilità termica,

⊃ una buona solubilità in acqua,

⊃ dei costi di produzione sostenibili, oltre a

⊃ un’adeguata sicurezza nel consumo della sostanza dolcificante.

In ogni modo, una delle proprietà sensoriali più importanti di un dolcificante è il suo potere dolcificante che viene misurato dalla dolcezza relativa*. Il saccarosio viene preso come riferimento e la sua dolcezza è tradizionalmente impostata su 1. 

*definita come il rapporto tra le concentrazioni di sostanze che suscitano intensità di dolcezza equivalente al saccarosio.

Sono noti numerosi dolcificanti ad alto potere dolcificante, ma il loro evidente retrogusto  (sensazione di gusto amaro, metallico o liquirizia) è un importante limite per la loro piena accettabilità da parte del consumatore. Un altro criterio importante di un dolcificante “valido” è il suo contenuto calorico,  per esempio nei dolcificanti a base di carboidrati naturali, il basso contenuto calorico è spesso associato a un basso potere dolcificante.