ALL in FOOD

Piattaforma Tecnico Informativa B2B

LOGO ALL IN FOOD

Piattaforma Tecnico Informativa B2B

Ci trovi al 351 – 3779980
oppure se lo preferisci, mandaci una email

a info@allinfood.it o con

LOGO ALL IN FOOD

Piattaforma Tecnico Informativa B2B

LE PROPRIETA' DEI LIPIDI

Le proprietà fisico-chimiche di massa dei grassi e degli oli commestibili dipendono dalla struttura molecolare e dalle interazioni delle molecole di triacilglicerolo che contengono. La forza delle interazioni attrattive tra le molecole e l’efficacia del loro impacchettamento in una fase condensata determina il loro punto di fusione, la loro densità e reologia.

Per esempio, i triacilgliceroli che contengono acidi grassi ramificati o insaturi non essendo in grado di impacchettarsi strettamente,  hanno densità inferiori e comprimibilità più elevate rispetto a quelli che contengono acidi grassi saturi e lineari. Anche la temperatura di fusione dipende dall’impacchettamento delle molecole: più efficace è l’impacchettamento, maggiore è il punto di fusione. Quindi, i punti di fusione dei triacilgliceroli aumentano con l’aumentare della lunghezza della catena; sono più alti per gli acidi grassi saturi  e lineari che per quelli insaturi e ramificati. Sono più alti per gli acidi grassi a catena dritta rispetto a quelli ramificati; e sono più elevati per i triacilgliceroli con una distribuzione più simmetrica degli acidi grassi sulla molecola del glicerolo.

IL PUNTO DI FUSIONE

Il punto di fusione è una proprietà fisica comunemente usata per caratterizzare gli acidi grassi e come anticipato è legato al modo in cui le molecole si impacchettano. La temperatura alla quale un TAG puro fonde, dipende dalla composizione degli acidi grassi e dalla disposizione degli acidi grassi sulla molecola di glicerolo. Il punto di fusione è ciò che distingue i grassi dagli oli. In senso generale, gli oli hanno punti di fusione al di sotto della temperatura ambiente (anche se la temperatura ambiente varia nelle diverse regioni del mondo) e sono liquidi, mentre i grassi hanno un certo contenuto di grassi solidi a temperatura ambiente e sono solidi o semi-solidi.

I TAG con acidi grassi a catena corta  e insaturi hanno punti di fusione più bassi, mentre quelli con acidi grassi saturi a catena lunga hanno temperature di fusione più elevate. L’aumento della lunghezza della catena porta ad un aumento del punto di fusione. Per i TAG puri con acidi grassi misti, il punto di fusione dipende da quali acidi grassi sono presenti e dalla disposizione degli acidi grassi sulla molecola di glicerolo. In generale, più acidi grassi insaturi e acidi grassi a catena più corta sono presenti in un TAG, minore è la temperatura del punto di fusione. I grassi naturali sono costituiti da vari TAG misti, ciascuno con il proprio punto di fusione individuale. 

I valori finali del punto di fusione sono molto significativi nei grassi alimentari per numerose ragioni. La temperatura della bocca è in genere di alcuni gradi al di sotto della temperatura corporea, forse intorno a 34-35°C. Qualsiasi grasso che ha una temperatura di fusione finale più alta non si scioglierà in bocca, deve essere masticato, risultando in una sensazione cerosa in bocca con note di sapore ridotte. Per questo motivo la maggior parte dei grassi utilizzati per esempio nei dolciumi devono avere punti di fusione di 35°C o meno per sciogliersi completamente in bocca. Dall’altro lato, i grassi devono essere sufficientemente solidi da non fondere in condizioni ambientali. In ambienti caldi, dove le temperature possono superare regolarmente i 35-40°C, si possono desiderare grassi con un punto di fusione più elevato.

CARATTERISTICHE DI FUSIONE

Poiché i grassi naturali sono costituiti da numerosi componenti, presentano un intervallo di fusione o un profilo di fusione, piuttosto che un punto di fusione specifico. Questo significa che, nei grassi naturali all’aumentare della temperatura, i vari TAG costituenti non si sciolgono tutti insieme, ma man mano che il loro punto di fusione viene superato. A determinare il punto di fusione del grasso è la temperatura alla quale si scioglie la componente lipidica con più alto punto di fusione, all’interno della miscela di diversi TAG. La natura di questo profilo di fusione è in varie applicazioni una proprietà fisica importante  ed è spesso controllata attraverso tecnologie che modificano i grassi per conferire  le caratteristiche desiderabili. Vedi approfondimento

Modifiche dei Grassi

Nel corso degli anni, il punto di fusione è stato misurato in vari modi, pertanto qualsiasi specifica della temperatura del punto di fusione di un grasso naturale deve essere accompagnata dal metodo di misurazione poiché ogni metodo dà risultati leggermente diversi (anche se solo di pochi °C). I punti di fusione sono spesso indicati come punto chiaro, punto di rammollimento, punto di scivolamento, punto di fusione di Wiley o punto di caduta. Il punto chiaro (o punto di fusione capillare) è definito come la temperatura alla quale gli ultimi resti di cristalli scompaiono in condizioni di fusione controllate. Il punto di rammollimento è la temperatura alla quale si è verificata una fusione sufficiente a far fluire il grasso. Il punto di slittamento è generalmente di diversi gradi inferiore al punto chiaro poiché rimane ancora del grasso solido. Il punto di fusione di Wiley e il punto di goccia sono due metodi comuni per misurare il punto in cui si è verificata una fusione sufficiente per il flusso. 

Come già anticipato nell’articolo sulla chimica dei lipidi, un altro valore strettamente legato al Punto di Fusione dei grassi è il loro  Valore di Iodio.  Questo valore indica il rapporto tra  acidi grassi saturi e insaturi in un grasso. I grassi che hanno un alto contenuto di acidi grassi saturi hanno bassi valori di Iodio e al contrario, i grassi altamente insaturi hanno valori di Iodio molto alti. Il valore di Iodio è molto importante perchè è un indicatore relativo della stabilità ossidativa, gli acidi grassi saturi sono molto meno suscettibili all’ossidazione rispetto agli acidi grassi insaturi, ma poiché gli acidi grassi saturi hanno punti di fusione più elevati rispetto agli acidi grassi insaturi, ci racconta molto anche sul loro punto di fusione. Infatti, i lipidi con valori di Iodio basso tendono ad essere grassi (solidi a temperatura ambiente) e quelli con un valori alto tendono ad essere oli (liquidi a temperatura ambiente). L’intervallo di valore di iodio viene spesso utilizzato per aiutare a indicare il materiale di base del grasso o dell’olio. 

INDICE DI RIFRAZIONE

Gli oli liquidi rifrangono la luce a seconda della composizione grassa, e lo fanno nello stesso modo in cui le soluzioni zuccherine rifrangono la luce in base al tipo di zucchero e alla sua concentrazione.  In generale, l’indice di rifrazione degli oli segue da vicino il valore di Iodio. Per questo motivo, l’indice di rifrazione viene generalmente utilizzato come indicatore dell’entità dell’idrogenazione..

La viscosità dei lipidi diminuisce sensibilmente con la temperatura e la natura del profilo viscosità-temperatura dipende dal tipo e dalla composizione dei lipidi.

Le molecole di triacilglicerolo hanno una costante dielettrica relativamente bassa a causa della loro bassa polarità. La conoscenza della costante dielettrica degli oli è importante perché influenza la gamma e l’entità delle interazioni colloidali tra le goccioline, per esempio nelle emulsioni, in particolare le interazioni di van der Waals e elettrostatiche. 

La tensione interfacciale di un olio dipende dalla polarità delle principali molecole lipidiche presenti (ad esempio, triacilgliceroli o terpeni), nonché dalla presenza di eventuali componenti tensioattivi minori (ad esempio, acidi grassi liberi, monoacilgliceroli, diacilgliceroli o fosfolipidi). Ci possono essere variazioni significative nelle tensioni interfacciali prodotte dagli oli a seconda della loro origine e purezza.

CRISTALLIZZAZIONE DEI GRASSI

Una delle caratteristiche più importanti dei grassi e degli oli è la loro capacità di subire transizioni di fase solido-liquido a temperature che si verificano durante la lavorazione, la conservazione e la manipolazione dei prodotti alimentari. La consistenza, la sensazione in bocca, la stabilità e l’aspetto di molti prodotti alimentari dipendono dallo stato fisico della fase lipidica. Per esempio, la conversione del latte in burro inizia con la formazione di cristalli nei globuli di grasso del latte, e la sua spalmabilità dipende sempre da questo processo, ed è regolata dalla quantità e dal tipo di cristalli di grasso che si sono formati.

Nella cristallizzazione dei grassi si riconoscono tre fasi: 

superraffreddamento,

⊃ nucleazione e,

⊃ formazione dei cristalli.

SUPERRAFFREDDAMENTO

La cristallizzazione può avvenire solo dopo che una fase liquida è stata raffreddata al di sotto del suo punto di fusione termodinamico; allo stesso modo un materiale può persistere come liquido al di sotto del suo punto di fusione per un tempo considerevole prima che si osservi una cristallizzazione. Questo è dovuto a un’energia di attivazione che deve essere superata prima che possa verificarsi la transizione di fase liquido-solido. Se l’entità di questa energia di attivazione è sufficientemente alta rispetto all’energia termica (kT) del sistema, allora la cristallizzazione non avverrà anche se la transizione è termodinamicamente favorevole. Si dice quindi che il liquido superraffreddato esiste in uno stato metastabile. L’altezza dell’energia di attivazione dipende dalla capacità dei nuclei cristallini di formarsi spontaneamente nell’olio liquido che sono abbastanza stabili da crescere in cristalli. Il grado di superraffreddamento di un liquido è definito come ΔT = Tmp − T, dove T è la temperatura e Tmp è il punto di fusione. Il valore di ΔT al quale la cristallizzazione viene osservata per la prima volta dipende dalla struttura chimica dell’olio, dalla presenza di eventuali materiali contaminanti, dalla velocità di raffreddamento, dalla microstruttura (ad esempio, olio sfuso contro olio emulsionato) e dall’applicazione di forze esterne. Gli oli puri che non contengono impurità possono spesso essere superraffreddati di oltre 10°C prima che si osservi una cristallizzazione.

La cristallizzazione dei grassi è più complessa di quella degli zuccheri, dovuta in parte alla complessa composizione molecolare dei lipidi, ma anche alla capacità delle molecole lipidiche di formare più di una forma cristallina, un fenomeno noto come polimorfismo che affronteremo più sotto.

Sebbene, il comportamento di fase governi gli aspetti termodinamici della cristallizzazione e determini lo stato di equilibrio finale, i fattori cinetici hanno spesso un effetto significativo su come e quando i grassi naturali cristallizzano. I fattori cinetici includono la capacità del calore e della massa di muoversi attraverso e all’interno di un sistema. Di importanza nella cristallizzazione del grasso sono parametri come velocità di trasferimento del calore, velocità di trasferimento di massa (diffusione, agitazione) e mobilità molecolare. Quando i grassi vengono raffreddati al di sotto del loro punto di fusione, i TAG formano un reticolo cristallino in cui le molecole sono organizzate in uno schema uniforme che riduce al minimo la loro energia libera. A causa della miscela di molecole TAG nei grassi naturali e del complesso comportamento di fase che esiste a causa di tale varietà, la cristallizzazione dei lipidi  è difficile da trattare teoricamente ed è più spesso affrontata empiricamente. Tuttavia, le fasi generali della cristallizzazione degli zuccheri, si possono applicare anche ai grassi. Pertanto, la nucleazione si verifica prima quando le molecole si trasformano da liquide a solide, seguite dalla crescita dei cristalli, che continua fino al raggiungimento dell’equilibrio di fase. I successivi cambiamenti nella struttura cristallina si verificano a causa della maturazione di Ostwald, delle trasformazioni polimorfiche e della separazione di fase poiché le strutture cristalline cercano di ridurre al minimo l’energia libera.

NUCLEAZIONE e FORMAZIONE DEI CRISTALLI

La crescita dei cristalli può avvenire solo dopo che nuclei stabili si sono formati in un liquido. Si crede che questi nuclei consistano in gruppi di molecole di olio che esistono transitoriamente come piccole regioni ordinate all’interno del liquido e si formino quando un certo numero di molecole di olio si scontrano e si associano spontaneamente tra loro. C’è un cambiamento di energia libera associato alla formazione di ogni singolo nucleo. Al di sotto del punto di fusione, lo stato cristallino di massa è termodinamicamente favorevole, e quindi c’è una diminuzione dell’energia libera quando alcune delle molecole di olio nel liquido si raggruppano insieme per formare un nucleo. Questa variazione negativa (favorevole) dell’energia libera (ΔGV) è proporzionale al volume del nucleo formato. Questo cambiamento positivo (sfavorevole) dell’energia libera (ΔGs) è proporzionale alla superficie del nucleo formato. 

Allo stato liquido, le molecole lipidiche sono relativamente libere di muoversi e hanno un’energia libera relativamente alta. Nel reticolo cristallino, invece, ogni molecola si associa su ciascun lato con le molecole vicine, il che limita notevolmente la capacità delle molecole di muoversi. Pertanto, le molecole allo stato cristallino hanno energia libera molto più bassa rispetto alle molecole allo stato liquido. Dopo la cristallizzazione, la differenza di energia tra molecole liquide e cristalline viene abbandonata quando il reticolo si forma e il calore viene rilasciato come calore latente (o calore di fusione). Questo calore di fusione (a volte chiamato anche calore di cristallizzazione) deve essere rimosso dalle vicinanze del cristallo affinché la cristallizzazione continui. In caso contrario, la temperatura intorno al cristallo sale (a causa del rilascio di calore latente) e l’ulteriore cristallizzazione rallenta. L’importanza di questo concetto è dimostrata dalla pratica del temperaggio e del raffreddamento del cioccolato. Al diminuire della temperatura, le molecole TAG formano strutture lamellari che alla fine diventano nuclei cristallini. 

Il tasso di nucleazione dei cristalli influisce anche sulla forma e sulla dimensione dei cristalli. In generale, nella maggior parte delle applicazioni alimentari sono desiderati numerosi piccoli cristalli, e questo lo si ottiene da condizioni che danno il più alto tasso di nucleazione possibile (cioè temperature più basse e più taglio). 

Nei grassi naturali, più bassa è la temperatura, maggiore è il numero di TAG che possono partecipare alla formazione del reticolo cristallino. Man mano che la temperatura scende, più molecole di TAG diventano disponibili per l’orientamento nel reticolo cristallino e il contenuto di grassi solidi aumenta al diminuire della temperatura. A causa della complessa miscela di TAG, i lipidi formano cristalli misti, con TAG aggiuntivo incorporato nel reticolo man mano che la temperatura viene abbassata. La velocità di raffreddamento influisce anche sulla velocità di nucleazione, sul tipo specifico di TAG che sono incorporati nel reticolo cristallino misto. In generale, in un raffreddamento più rapido le molecole di TAG hanno meno tempo per diffondersi lontano dal reticolo e quindi viene incorporato nel reticolo un insieme più diversificato di TAG  rispetto al raffreddamento lento. Quando i grassi vengono raffreddati rapidamente, l’inizio della nucleazione avviene a una temperatura inferiore (rispetto al raffreddamento lento), ci sono più TAG diversi incorporati nei cristalli misti. Nel raffreddamento lento, le molecole di TAG hanno più tempo per diffondersi nella fase liquida e quelle con un punto di fusione più basso (ad esempio, quelle contenenti catene più corte e più acidi grassi insaturi) hanno più tempo per diffondersi lontano dal reticolo. Il risultato di un raffreddamento lento, sono cristalli con composizione TAG più pura rispetto al raffreddamento rapido. 

Un altro parametro che influenza significativamente la nucleazione lipidica è l’input di energia esterna, sia che si tratti di agitazione o velocità di taglio da un agitatore o da una fonte di energia esterna (ad esempio, ultrasuoni). Come per gli zuccheri e altri materiali, l’agitazione o altri input di energia consentono alle molecole di riunirsi più facilmente per formare un reticolo cristallino. Cioè, tassi di agitazione più elevati portano generalmente a maggiori tassi di nucleazione. Sulla stessa linea, la nucleazione in un campo di taglio avviene a una temperatura più elevata rispetto alla nucleazione durante il raffreddamento statico.

La disposizione e l’interazione dei cristalli in una matrice alimentare, così come la loro dimensione e forma, influenza le proprietà fisico/meccaniche del prodotto. Numerose piccole particelle impacchettate strettamente insieme in una rete di cristalli di grasso, come si trovano per esempio nei cioccolatini o nei rivestimenti, forniscono durezza e schiocco, conferiscono un aspetto lucido e limitano la migrazione dell’olio liquido durante lo stoccaggio. La cinetica di nucleazione può essere influenzata anche dall’uso combinato di due grassi naturali; un esempio classico è l’effetto del grasso del latte sulla nucleazione del burro di cacao. La capacità dei triacilgliceroli del burro di cacao di riunirsi per formare nuclei è inibita dalla presenza del grasso del latte. Per contrastare questo effetto di inibizione, nel cioccolato al latte, si utilizzano temperature più basse per promuovere una nucleazione più rapida. 

Affinché i nuclei crescano, i TAG della fase liquida devono diffondersi e orientarsi all’interfaccia (cristallo/fusione) e quindi incorporarsi nella struttura reticolare. Una volta che una molecola viene incorporata, c’è un rilascio di calore latente, che deve essere rimosso per mantenere la forza trainante per la crescita. Ognuno di questi passaggi può limitare la velocità di cristallizzazione. Poiché la fusione dei grassi cristallini è molto più veloce dei tassi di crescita dei cristalli, si presume generalmente che la crescita dei cristalli di grasso sia governata da fenomeni di incorporazione superficiale. Cioè, il tasso di crescita è limitato dalla capacità delle molecole TAG di orientarsi nella corretta conformazione tridimensionale e di essere incorporate nel reticolo. In un certo senso, il tasso di crescita dei cristalli lipidici è direttamente correlato alla miscela di TAG presente nei grassi naturali. La presenza di TAG con acidi grassi di diversa lunghezza della catena e grado di insaturazione, aumenta la difficoltà delle molecole di TAG di essere incorporate nel reticolo cristallino. Tuttavia, la somiglianza generale delle molecole di TAG porta anche all’incorporazione di diversi TAG mentre un cristallo si nuclea e cresce. Per questo motivo, cristalli composti contenenti una varietà di TAG con diverse composizioni di acidi grassi si trovano nei cristalli lipidici. La crescita a velocità più elevate (temperature più basse e in polimorfi meno stabili) aumenta la capacità di TAG con composizioni di acidi grassi molto diverse di incorporarsi insieme nel reticolo cristallino. Un altro elemento che rende la crescita dei cristalli lipidici così complessa è la stratificazione. Qui, l’incorporazione di diversi TAG può avvenire in momenti diversi durante la crescita a causa dell’esaurimento nella fase liquida. Inizialmente, il TAG di fusione più alto si forma nel reticolo cristallino; una volta che questi TAG ad alta fusione sono esauriti dalla fase liquida, un’altra serie di TAG con punto di fusione inferiore inizia a incorporarsi. Questo dà un cristallo stratificato con TAG ad alta fusione all’interno e TAG più basso verso l’esterno del cristallo. Fortunatamente, poiché i cristalli lipidici cresciuti in condizioni di sufficiente agitazione, tendono ad essere piuttosto piccoli (micron o meno), la stratificazione non è generalmente un problema. Quando grandi cristalli di grasso crescono in condizioni statiche, si possono osservare anelli e striature che sono causa (almeno in parte) della stratificazione dei TAG. Si ritiene generalmente che le condizioni di crescita influenzino gli agglomerati (dimensione, densità, ecc.) ma non le particelle primarie che compongono questi aggregati.

Una volta completata la cristallizzazione, è ancora possibile che ci siano cambiamenti nella dimensione e nella morfologia dei cristalli durante lo stoccaggio, e questo a causa di processi di postcristallizzazione come l’aggregazione dei cristalli e la maturazione di Ostwald. L’aggregazione dei cristalli si verifica quando due o più cristalli si uniscono e formano un cristallo più grande, mentre la maturazione di Ostwald si verifica quando le molecole di olio migrano da cristalli più piccoli a quelli più grandi attraverso un mezzo intermedio. L’aggregazione e la maturazione di Ostwald portano entrambe ad un aumento della dimensione media dei cristalli presenti all’interno di un grasso. La crescita dei cristalli durante lo stoccaggio è spesso indesiderabile poiché influisce negativamente sulle proprietà fisico-chimiche e sensoriali del prodotto finale.

MORFOLOGIA DEI CRISTALLI

La morfologia dei cristalli formati dipende da una serie di fattori interni (ad esempio, struttura molecolare, composizione, impacchettamento e interazioni) e fattori esterni (ad esempio, profilo temperatura-tempo, agitazione meccanica e impurità). Abbiamo già visto che quando un olio liquido viene raffreddato rapidamente ad una temperatura ben al di sotto del suo punto di fusione si forma un gran numero di piccoli cristalli, ma quando viene raffreddato lentamente ad una temperatura appena al di sotto del suo punto di fusione si forma un numero minore di cristalli più grandi. Questo avviene perché la velocità di nucleazione aumenta più rapidamente al diminuire della temperatura rispetto alla velocità di cristallizzazione. Pertanto, il raffreddamento rapido produce molti nuclei simultaneamente che successivamente crescono in piccoli cristalli, mentre il raffreddamento lento produce un numero minore di nuclei che hanno il tempo di crescere in cristalli più grandi prima che si formino ulteriori nuclei. La dimensione dei cristalli ha importanti implicazioni per la reologia e le proprietà organolettiche di molti prodotti alimentari; quando i cristalli sono troppo grandi sono percepiti come “granulosi” o “sabbiosi” in bocca. 

POLIMORFISMO

I triacilgliceroli mostrano un fenomeno noto come polimorfismo, che è la capacità di un materiale di esistere in un certo numero di strutture cristalline con diversi impacchettamenti molecolari. I tre tipi più comuni di impacchettamento nei triacilgliceroli sono designati come forme polimorfiche  α, β′ e β. La stabilità termodinamica delle tre forme diminuisce nell’ordine: β > β′ > α.

Anche se la forma β è la più termodinamicamente stabile, i triacilgliceroli spesso cristallizzano in uno degli altri stati metastabili perché hanno un’energia di attivazione inferiore per la formazione dei nuclei. Con il tempo però, i cristalli si trasformano nello stato più stabile ad una velocità che dipende dalle condizioni ambientali, come la temperatura, la pressione e la presenza di impurità nei grassi. 

Queste forme polimorfe sono dovute alla flessibilità delle molecole dei TAG, e sono distinte in base al loro impacchettamento molecolare (spaziatura singola o doppia), e in base all’angolo delle frazioni di acidi grassi sul TAG all’interno del reticolo cristallino. In particolare, i grassi mostrano quello che viene chiamato polimorfismo monotropico.

Nei polimorfi di stabilità inferiore (α), le molecole dei TAG sono disposte in un reticolo cristallino relativamente sciolto dove le molecole non sono impacchettate molto strettamente nella struttura cristallina. Al contrario, nel polimorfo β più stabile,  le molecole dei TAG sono disposte nella disposizione di impacchettamento più stretta possibile, con lo stato di energia più bassa. Questa differenza nella disposizione dell’impacchettamento tra i polimorfi significa che ci sono alcune differenze nelle proprietà fisiche. Per esempio, il punto di fusione aumenta con la stabilità del polimorfo, quindi il polimorfo α ha un punto di fusione inferiore a quello del polimorfo β′, che è inferiore a quello del  polimorfo β. La differenza nella disposizione dell’impacchettamento porta anche a differenze nel calore latente rilasciato dopo la fusione (o cristallizzazione), con il più alto calore latente trovato per il polimorfo più stabile, β. In generale, i TAG con catena più corta e acidi grassi insaturi hanno un punto di fusione significativamente più basso e rilasciano meno calore latente rispetto ai TAG con lunghezza della catena più lunga e acidi grassi saturi. L’aumento della temperatura di fusione si verifica perché gli acidi grassi a catena più lunga interagiscono su un numero maggiore di atomi di carbonio.

Nel polimorfismo monotropico, i polimorfi di stabilità inferiore si formano per primi (tassi di nucleazione più elevati), e di solito quando il grasso viene raffreddato a temperature più basse. Il polimorfo specifico che si forma per primo è in base alla natura del grasso, dalla velocità di raffreddamento, dalla temperatura e dalla velocità di taglio (condizioni di taglio elevate possono portare alla formazione di polimorfi più stabili del previsto in assenza di taglio elevato). Come già anticipato, le forme instabili si trasformano gradualmente in polimorfi più stabili ad una velocità dipendente dalla temperatura, dalla natura della struttura molecolare e dalla presenza di impurità.

Ad esempio, se un grasso liquido viene raffreddato a una temperatura inferiore al punto di fusione del polimorfo β′, generalmente cristallizzerà nella forma  β’. Il polimorfo β′ si trasforma generalmente nel polimorfo β più stabile. A temperature più basse il tempo per la trasformazione polimorfica è più lunga che a temperature più elevate. Naturalmente, se viene superata la temperatura di fusione del polimorfo di stabilità inferiore, si fonde rapidamente e si trasforma nella forma polimorfica più stabile. Questa caratteristica viene sfruttata durante il temperaggio dei cioccolatini per sviluppare il β polimorfo desiderato. Sebbene  la forma β  sia la più stabile dei polimorfi lipidici, a causa della complessa distribuzione molecolare in alcuni grassi naturali, può apparire solo il polimorfo β′. La complessa miscela dei TAG e le loro differenze nella lunghezza della catena e nel grado di insaturazione li rendono incompatibili con la struttura cristallina stabile β polimorfa. Ad esempio, l’ampia gamma di molecole TAG che compongono il grasso del latte impedisce la formazione della disposizione di impacchettamento più stretta nel  polimorfo β  e solo il polimorfo β′ viene osservato anche dopo la conservazione a lungo termine. 

Ogni polimorfo ha una diversa temperatura di fusione, con polimorfi sempre più stabili che hanno una temperatura di fusione più elevata. La forma polimorfica determina anche la forma cristallina dove la forma  β′  si trova tipicamente sotto forma di sferuliti, o disposizioni densamente imballate, ad aghi, mentre le forme polimorfiche β sono più simili a piastre e possono essere impilate in multi-strati.

Il polimorfismo nei grassi è spesso quantificato utilizzando la spettroscopia a raggi X. Quando i raggi X vengono fatti passare attraverso un grasso cristallino, l’allineamento regolare degli atomi all’interno del reticolo cristallino provoca la dispersione dei raggi X, che produce uno spettro di diffusione ben definito che è correlato alla disposizione molecolare all’interno del reticolo. Pertanto, lo spettro di diffusione dei raggi X può differenziare i polimorfi in base alla loro intensità di diffusione. 

Sono disponibili varie tecniche analitiche per caratterizzare il comportamento di cristallizzazione degli oli, mentre le caratteristiche di cristallizzazione desiderate possono essere ottenute selezionando e miscelando oli naturale con un’appropriate composizioni di triacilglicerolo.

TECNOLOGIE DI MODIFICA dei GRASSI

Spesso, i grassi naturali non hanno esattamente le giuste caratteristiche fisico-chimiche necessarie per una determinata applicazione alimentare. Ad esempio, il profilo di fusione dell’olio di palmisti  non è del tutto soddisfacente per l’uso come sostituto del burro di cacao; è troppo morbido a basse temperature e fonde a temperature troppo basse. Pertanto, vengono impiegate tecniche di modifica e/o miscelazione dei grassi per modificare la composizione chimica del grasso e quindi modificarne le proprietà fisiche per renderlo appropriato per applicazioni specifiche. Per ulteriori approfondimenti vedi articolo dedicato (nel menu sotto).

La forma polimorfica desiderata nel cioccolato è la forma V (o forma stabile  β 2), spesso chiamata  polimorfo β V. Si noti che questa non è la forma più stabile per il burro di cacao, e infatti, la formazione del polimorfo più stabile (Forma  VI, o β 1, spesso chiamata β VI) è generalmente associata alla formazione di fioritura grassa (sebbene la fioritura grassa non sia necessariamente causata da questa transizione polimorfica).

Per maggiori dettagli sulla cristallizzazione e sul polimorfismo del burro di cacao, in relazione al rinvenimento del cioccolato,

La tensione interfacciale di un olio dipende dalla polarità delle principali molecole lipidiche presenti (ad esempio, triacilgliceroli o terpeni), nonché dalla presenza di eventuali componenti tensioattivi minori (ad esempio, acidi grassi liberi, monoacilgliceroli, diacilgliceroli o fosfolipidi). Ci possono essere variazioni significative nelle tensioni interfacciali prodotte dagli oli a seconda della loro origine e purezza. 

TRANSIZIONE POLIMORFICA

Nel polimorfismo monotropico, le forme instabili cristallizzano prima e si trasformano in polimorfi più stabili nel tempo. Queste trasformazioni possono avvenire attraverso la fusione e la ricristallizzazione (mediata dalla fusione) o dal riarrangiamento molecolare all’interno del reticolo cristallino (mediato da solidi). Il tipo di transizione dipende dalla natura del TAG stesso e dalle condizioni ambientali, in primo luogo la temperatura. Un esempio di transizione polimorfica mediata dalla fusione è il rinvenimento del cioccolato, dove prima il grasso viene raffreddato ben al di sotto del punto di fusione del polimorfo β′ per promuovere la nucleazione seguito da un aumento della temperatura fino a un punto al di sopra del punto di fusione del polimorfo β′. Ciò causa la fusione della forma instabile β′ e la nucleazione/cristallizzazione del polimorfo β più stabile. Probabilmente entrambe le modalità di trasformazione polimorfica si verificano nella maggior parte delle condizioni commerciali.

Sono vari i fattori che influenzano la velocità di transizione polimorfica, tra cui le condizioni di lavorazione (taglio/agitazione, temperatura, ecc.) e la composizione del grasso (profilo TAG, composizione lipidica minore, emulsionanti, ecc.). In particolare, è stato dimostrato che gli emulsionanti influenzano la velocità di trasformazione polimorfica, tuttavia, gli effetti degli emulsionanti non sono chiaramente ben definiti. In alcuni casi, inibiscono il tasso di trasformazione polimorfica, probabilmente a causa delle loro interazioni all’interno o sulla superficie del cristallo. In altri casi, invece, sembra che gli emulsionanti aumentino effettivamente il tasso di trasformazione polimorfica, sebbene il meccanismo di questa accelerazione non sia chiaro.

Contenuti dell'ARTICOLO